2.27.2012

the fairly common experience of observing an unanticipated, anomalous, and strategic datum which becomes the occasion for developing a new or extending an existing theory


il titolo dice tutto.

quando per la prima volta, da studentessa di sociologia, ho incontrato il pensiero di Merton (in generale) l'ho trovato confuso. Non capivo cosa voleva dirmi quell'autore. Poi ho scoperto questa parola, serendipity, e il suo significato mertoniano. 
E allora ho pensato che quest'uomo era uno affascinante. Si era lasciato ingarbugliare in una cosa così complessa e le aveva dato un nome, bellissimo tra l'altro, chi potrebbe mai dire il contrario?
Su Merton esistono antologie, sulla serendipity anche. Eppure questa parola evocativa, con il suo significato chiaro, ma complesso, porta sempre con sè una nota di ridicolo.
Quando ci accade facciamo finta di nulla, o sorridiamo e proseguiamo, o ci imbarazziamo e procediamo, o semplicemente la ignoriamo e proseguiamo.
La serendipity ha spesso a che fare più con l'emozione che con il raziocinio. Ed è questo che la rende così difficile e così ridicola al tempo stesso. 
Per me è un soggetto femminile. Intraducibile in Italiano come i nomi Xavier o Gerome. 
Al tempo, la prima volta che lessi di questo concetto, cambia radicalmente idea sul mio oggetto di studio.

Un po' di biografia, in pillole. Ho iniziato a studiare sociologia credendo di studiare qualcosa di rigoroso. Sociologia era statistica. Matematica, pura e impeccabile. Erano dati, fonti inesauribili di motivazioni umane redatte in questionari rigidissimi. I suoi risultati rigorosissimi. Avevo 19 anni. E l'età non può di certo essere una giustificazione, ma l'ho creduta tale. Questo credo abbia funzionato per 3 secondi virgola 8. Poi caddi nella confusione più totale. Non c'era nessun numero a dirmi che quel che quell'autore o l'altro sostenevano fosse "vero". Come avrei fatto? O buttare tutto all'aria, andando a rintanarmi nel matematico mondo statistico, o abbandonare la certezza e lasciarmi trasportare, in modo del tutto confusionario, da ciò che capitava. Scelsi la seconda, se non altro per la sua rispondenza alla mia incapacità di metodo nello studio, e proseguii.
Non v'erano più dati rigidi ora, ma rigidi pensieri, rigorosissimi. Ho temuto più le parole di Parson che le penitenze del parroco dopo la confessione. 
Poi venne Merton. O meglio, mi capitò un evento di serendipity che me lo fece conoscere. Se ti capita e non sa come chiamarla dirai "una coincidenza" "che fortuna" o "che culo". Poi se per serendipity vieni a conoscenza di questa parola smetti di dare importanza al fato e ti concentri sul giusto significato. 
Questa parola, minima, bellissima e apparentemente inutile nel dizionario di ognuno, è invece la parola che più mi ha cambiato la vita e che continua a cambiarmela. Di certo non è l'agente motore, è semplicemente un mezzo.
Se la riconosci quando avviene e non la ignori è già qualcosa. Sapere che c'è ed è avvenuta è un avvicinarsi a qualcosa di diverso, nuovo e magari importante che ti farà incontrare altre mille situazioni di serendipity.

Perché parlarne, fuori contesto, senza velleità di scrivere un articolo serio? Perché va divulgata. A differenza di parole tediose e pesanti e maligne e malsane, questa, serendipity, nel suo significato, di certo non vi renderà la vita peggiore.
Imparare a riconoscerla e cogliere l'opportunità: questo non sarà una parola di certo a renderlo possibile.

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