10.26.2011

a me

mi manca.

10.25.2011

conformarsi

e intanto che aspetto l'ansia mi fa vomitare qualcosa, delle cose, delle sentenze a caso, per via dell'ansia che quando ti prende ti blocca e te aspetti aspetti aspetti e senti solo l'orologio che ticchetta e immobile bestemmi.
Il risultato è questo.

Che sia mai, mi dicevo, che sia mai, IO come ALTER. Mai.

A 8 anni questo mai era grosso come una casa. Era la casa intera, i vestiti, il billy a merenda. Chi era alter? Nessuno. Era bello.
A 13 anni alter era già bello che andato, mai conosciuto, mai e mai. Io mai come alter me ne andavo in giro bella e buona e rompipalle.
Poi a 18 anni alter è lì che non lo puoi più scansare e allora Io mai come alter lo guardo disincantata e gli lascio fare ad alter di dire qualcosa. Alter parla, io non lo sapevo mica.
A 25 alter è il solito mai, chi era chi è, presente passato fusi, Io mai come alter, gli lasciavo qualsiasi spazio possibile, all'alter.

Mai come alter. In mezzo ad Alter. Il giorno del mai, che poi è ogni giorno, combatte da anni con il giorno del sempre. Perchè, ecco, se devo trovarci un perchè, poi ti tocca diventare come Alter.
Esempi pratici: all'asilo anche se i tuoi compagni sono moccolosi e irritanti, ti tocca giocare con loro, avere i loro giocattoli, tu non lo sai, lo sa tua madre per te, e allora te ed alter lì nel mucchio siete un po' la stessa cosa, te non è che a 5 anni ci rifletti eh, però prendi atto.
Alle elementari Alter ti gira intorno in ogni modo possibile, fa le capriole anche, e te o sei come alter o allora niente. Ma niente di niente. Allora impari a leggere come alter e a scrivere, cosa ben peggiore come alter, poi addirittura arrivi a usare la stessa calligrafia di alter, ma te non lo sai mica, manco alle elementari rifletti. Alter gioca a calcio e ti tocca giocare a calcio, cioè l'alternativa possibile, a 8 anni, non c'è, non c'è perchè non te la figuri, se proprio devo pensarci, il perchè è questo.
Alle medie alter è quello che ti spacca le palle con i compiti per casa, il compagno di banco fastidioso, le tue amiche con le gonne tutte uguali i capelli tutti uguali che dicono cose ugualissime. Te alle medie cosa vuoi fare? Mai come alter un po' ti ci tocca essere come alter e mai come alle medie ti ricapita di esserne davvero consapevole: o come alter o fuori.
Poi che la consapevolezza ormai è bella e fatta o sei alter, o niente, esattamente come i passaggi di prima, solo che ormai è un dato di fatto esattamente come il verde che finiva prima del marrone all'asilo.
Io mai come Alter, utopia bizzarra, nel conformarsi ti conformi. Ti conformi. TI TOCCA.

perchè o così o è un giro a vuoto intorno alla casa nell'attesa che la minestra abbia cambiato aspetto, cosa impossibile, per altro.

10.20.2011

io sto con i vecchi.

l'italia è un paese per vecchi.

punto.

è un paese che fa la coda in posta il lunedì mattina sopratutto se il lunedì è anche uno dei primi giorni del mese. e sta lì in fila per ore per farsi dare i suoi bei 500 euri in carta, per passarseli tra le mani, metterli nel portafoglio, girare i tacchi e il traportino e andarseli a giocare al lotto.

è un paese che compra le diana blu. poi si siede sul tavolino e gira annoiata le pagine del quotidiano locale che racconta chi ha rubato a casa di maria ieri. fa una partita a carte, poi scatarra e si soffia il naso.

è un paese che gira in bici, a piedi, va a comprare la bombola del gas e se la fa portare a casa perchè le scale non riesce più a farle. è un paese con l'enfisema polmonare.

è un paese che va al parco a giocare a carte, insultare i mocciosi, scaccolarsi e lamentarsi degli immigrati che bevono al parco. solo che lei, il paese, c'è andata con due fiaschi di vino di quelli del contadino, più umano, più vero.

l'italia è un paese per vecchie.

è un paese che fa la spesa di mattina alle 9 perchè poi c'è la coda, stira le tovaglie macchiate indelebilmente, guarda l'italia sul due mentre asciuga i piatti, dorme in poltrona tra le 14 e le 15 e poi a bere il tè da qualche parte. a piedi o in bicicletta.

è l'italia dei vecchi, l'italia che vivo io.
la stessa identica italia.
pensionata, senza pensione

come ogni bel vecchio che si rispetti anche io mi lamento che c'è umido piove fa caldo troppo sole vento schifoso il dottore che non arriva c'è troppa coda torno dopo cosa mangiamo a pranzo sempre le solite cose che due coglioni adesso bevo un caffè ma non forte che non posso più m'ha detto il dottore che è meglio se bevo il deca quello stronzo che arriva tardi.

come ogni bel vecchio.

10.04.2011

Shit happens, direbbero gli inglesi.

Tradotto letteralmente con "la merda succede" rende meglio l'idea. Perchè le cose accadono anche se non lo vuoi. Anche se fortissimamente non lo vuoi. Accadono queste stronze.

Poi è interessante capire come ogniuno se la racconta, la sua merda o quella degli altri. C'è qualcuno che c'ha fatto dei libri, o un libro su tutti. Eppure è una cosa interessante raccontarsi le cose che accadono in modi diversi. Non è solo abilità dello scrittore, è abilità comune ma mal usata.

Ma dato che la merda succede, adesso mi racconterò un po' di merda random, ma in modo che non sembri nè puzzolente nè schifosa. Insomma voglio raccontarmi una storia non giornalistica, senza polemiche, senza moralismi, senza. Ma  nudi fatti son subdoli e peggio di quelli conditi, e anche su questo qualcuno c'ha fatto dei libri e preso gran soldi.

Viviana stava ancora aspettando il bus. Si guardava attorno spaventata e cominciava a sentire freddo. Fine settembre, si diceva Viviana, e c'è così caldo qui, ma non di sera, no non di sera. Prima settimana di Università per Viviana. Al nord, cascasse il mondo, Viviana ci doveva andare, perché è al nord che se c'è qualcosa che deve muoversi si muoverà. Così pensava quando tra le città dove studiare in quel nord automa ne scelse una che non le diceva molto. Una cittadina media del nord, una qualsiasi le sarebbe andata bene. Parlando con Antonio e Maddalena era uscito fuori che anche loro, cascasse il mondo, l'avrebbero seguita al nord. Solo che poi Antonio non aveva avuto la finanza sperata e sperare nella borsa di studio era qualcosa che non si poteva permettere. Cascasse il mondo, ad Antonio sarebbe solo successo di far muovere le cose più a sud, dove a settembre fa ancora caldissimo.
E adesso Viviana stava aspettando proprio Maddalena, lì a quella fermata del bus che aveva un nome che lei non conosceva. Aveva anche un po' paura, perchè ormai s'era fatto buio e anche se le strade erano ancora piene di studenti e turisti lei era lì, sola, in un posto centrale ma per lei così nuovo da muoverle dentro solo timori. Il bus non arrivava e neppure Maddalena. La tensione era talmente forte che per smorzarla Viviana si mise a passeggiare su e giù, allontanandosi sempre di un po', fino a scorgere a poche decine di metri un'altra fermata, più illuminata e vicina ad una vetrina di un bar. Che strano, pensava Viviana, eppure qua mi sembrava tutto morto. E invece no, a quell'ora pochi posti rimangono aperti e Viviana spinta dalla paura ne aveva trovato uno. Già avvicinandosi sentiva la paura andarsene insieme a quel freddo che le aveva fatto venire voglia di correre di gioia. Viviana scomposta dalla corsa si ricompone, fa finta di niente guardando gli orari del bus, vuole darsi da bere che così non si accorgerà nessuno del suo cambiamento repentino di fermata. Ahilei nessuno in giro si poteva chiedere nulla, a quell'ora, non di certo gli avventori del bar seduti fuori ed itenti a parlare a voce alta con tono litigioso di argomenti innaffiati dalla birra. Viviana li vede e non ha alcuna voglia di andarcisi a sedere nel mezzo. Ma è incuriosita dalla lingua, è incuriosita dai gesti, dagli sgabelli perfino, a quell'ora e da sola qualsiasi l'avrebbe incuriosita qualsiasi altra cosa, tutto pur di far finta di non essere sola ed in attesa, sola. Mentre con le mani si strofina le braccia per scaldarsi un po', con lo sguardo assorto, arriva un tipo sbilenco su una bici sbilenca. La sensazione a guardarlo è quella che si ha in nave, pensa Viviana, in nave e col mare grosso, ti fa venire nausea. Dove starà andando? Dritto addosso a Viviana. O è quel che pensa lei. Se lo sente arrivare addosso avvolto dall'odore sbilenco tipico di chi è sbilenco. Viviana lo pensa e ha paura. La bici sbilenca svolta all'ultimo e s'infila sin quasi dentro al bar. Gli avventori son talmente intenti a mantenersi dritti sugli sgabelli mentre parlano con le mani e con la bocca impastano parole senza senso che non se ne accorgono. Quasi travolti dalla bici sbilenca, ma niente, è un fatto di talmente poco conto che proseguono. Il gestore del bar, assorto nei suoi pensieri, mentre asciuga con la pezza bisunta tazzine del 1993, si vede recapitare dentro l'immagine sbilenca dell'uomo sbilenco su bici sbilenca, quasi dentro, perchè i freni, meno sbilenchi del resto, hanno funzionato così bene che l'uomo sbilenco ha inchiodato così forte da sbilencarsi tutto e quasi cadere sbilenco, quasi però. Allora il gestore lo guarda, Viviana lo guarda, gli avventori brindano a qualcosa di ignoto che suona come agnamegane, e gestore e Viviana si chiedono cosa faccia l'uomo sbilenco con un guantino rosso da quattordicenne sul polso. L'uomo sbilenco è giovane, ma non così giovane, si dice Viviana, mentre tra un ahhhhhgamanè e un toiiiiiiiiioti, sente il gestore dire qualcosa all'uomo sbilenco. Probabilmente cosa vuole da lui, si dice Viviana, e chissà mai cosa vuole, entrare dentro in bici forse? Ma il gestore scrolla prima la testa, poi sparisce sotto al bancone, poi riemerge, sempre in mano tazzina e pezza, e Viviana si chiede se quello ci viva con la tazzina e la pezza, modello Linus, riemerge con un sacchetto strano, e lo porge all'uomo sbilenco. Viviana è smarrita, non capisce cosa ci faccia l'uomo sbilenco con un sacchetto sbilenco. Non può essere droga sotto banco, al massimo può esserlo in tazza, ma non in sacchetto. L'uomo sbilenco si toglie il guantino e arrotola il sacchetto sul polso, sale in bici tenendo la mano sbilenca vicino alla pancia, quasi cade, ma poi prende il ritmo e se ne va. Viviana è basita, non sa cosa pensare, non sa neppure se continuare ad aspettare il bus con su Maddalena o salvare capra e cavoli andandosene da sola. E tutto viene smorzato dalla scena seguente.
Esterno notte. Un uomo con grembiule, pezza e tazzina, esce dalla porta di servizio del bar, con una tazza in mano piena d'acqua, la svuota in modo brusco e con disapprovazione sul guantino. Torna dentro il bar, e fuoriesce dopo 3 secondi, sottofondo di rumori di tazze e piatti ed acqua. Con una pezza raccoglie il guantino, lo butta nel bidone dietro di sè ed esclama "se non prendo l'epatite a sto giro, non muoio più".