11.19.2012

cosa ti aspetti da me

e allora quando preparo un caffè e lo metto sul tavolo e poi metto tazzine, zucchero, tovagliolini etcetc, allora quando succede io poi mi sento una merda

in genere in realtà non sono io fisicamente a fare il caffè, generalmente non riesco ad aprire quella maledetta caffettiera, non ci riesco proprio per mancanza di muscoli, mani troppo piccole e corrose.
ma faccio il resto, il fottutissimo resto.

poi mi sento una merda, perché l'ho fatto? perché metto tazzine e blablabla? come la più stupid adelle serve. io non sono una serva. fanculo.

ecco. io dopo mi sento così. vorrei avere un bel modo, voi vorreste che io lo abbia, e pensate che va tutto bene, avete avuto il vostro caffè.

io dico che avete avuto il vostro taffè in una cazzina.







11.15.2012

io e te e Obama, il vincente

Se solo ci fosse più nebbia, potrei quasi credere di essere a Novembre. Ma l'inverno sta tardando ad arrivare e anche quest'autunno non riesce a ingranare, l'estate sembra ancora dietro l'angolo con tutti i ricordi, il sale, il vento caldo.

Se solo ci fosse più nebbia, potrei anche immaginarmi più triste e desolata, potrei dare la colpa al tempo, potrei perfino lamentarmi che c'è nebbia e non si vee a dun palmo di naso, potrei avere scuse per non guidare di notte.

Se solo ci fosse più nebbia, mi sentirei a casa.

Se solo ci fosse nebbia, sarei heidi.

Io che salgo in auto e cerco disperatamente di farla partire senza togliere il freno a mano. Il cambio che non funziona poi benissimo. Le curve che in questa valle trovi solo alle rotonde. I giorni si accumulano sui calendari. Ma quanto tempo è passato? Ma come stai? è da tanto che non ci si vede? ci prendiamo un caffè? Non ho tempo, ho l'agenda piena, ho l'agenda, non te l'ho detto? ma ora lavori? lavori? ah i tempi dell'uni...ti ricordi i tempi dell'uni?

Salgo in auto e sul mio specchietto posteriore compare un vecchio senza cappello che si scaccola per bene.

Ma come funziona la vita? Prendiamo Obama.
Non so, uno a caso, ma una persona vincente. Obama è l'emblema dello sfigato che ce la fa.
Ce l'ha fatta, per due volte. Non è neppure bianco e in america chissà come se la vivono sopratutto in quei paesini conservatori a mille che si vedono in quei telefilm da mezzo euro. Tipo a Dallas chissà come se la vivono sta cosa.
Se non ho fatto male i miei conti Obama non era ricco, poi diciamolo che proprio non è sto gran figo. Ma le orecchie van di moda, will il principe di bel air ne sa qualcosa.
Will e il maggiordomo, ma poi il cugino mi stava sulle palle a mille, era inutile, viscido, improbabile. Sfigato vero. Senza orecchie a sventola. Che fine avrà fatto?
Will fa la leggenda, Obama won.

Come si fa a diventare Obama? No senza operazioni chirurgiche. Lo penso mentre guido e i posti vuoti in auto son ben 4 sicché a chi accidenti lo chiedo? Al semaforo vorrei scendere e andare dal vecchio a dirgli che uno, non ci si scaccola in auto che sa, la vedono tutti e due, cosa importante, come si fa a diventare Obama? magari il vecchio lo sa. I vecchi sanno tutto di tutti. Sono saggi e curiosi, fin troppo. Poi però non lo faccio, scatta il verde e il furgone davanti a me non ingrana la prima e parte in terza. Cioè facciamo finta che sia il furgone davanti, va.

Adesso, penso, ti chiamo e te lo chiedo. out of blue, come dicono gli Americani. Te lo chiedo così e spero che tu abbia una risposta. Mi aspetto che tu la abbia. Tu ce la devi avere. Ma dato che ho troppa paura che tu non ce l'abbia ricaccio il cellulare in borsa e guardo fuori.

Non c'è nebbia, cioè ce n'è un po'. Ah! Se ci fosse più nebbia, potrei non preccuparmi di Obama.

10.30.2012

a mò basta.

L'incompetenza è senza confini.

Quando la incontri faccia a faccia devi solo chiudere gli occhi, dire di sì, sederti, attendere, devi scrutare, sorridere, dare segni d'assenso, non lamentarti, solo capisco, capisco e ancora capisco.

L'incompetenza è spesso accompagnata dalla sua amica arroganza. Non ci sono scuse, non ci sono mi perdoni, non esiste non essere capaci, non sapere e ammetterlo, non possono dirlo, tu non devi ascoltare.

Tempo fa, ma non troppo purtroppo, lessi qualche parola idignata di chi dovrebbe dare pane ogni giorno. Tal persona inveiva contro i giovani, contro i suoi giovani, non dipendenti, ma stagisti infiniti, lamentadosi della loro saccenza, incapacità, arroganza. Ma voi vecchi invece?

Io che aspetto alle poste un'ora perché l'impiegata non sa come aprire e chiudere un programma.
Io che aspetto dal dottore perché la sua impiegata non sa cliccare su invia e continua afare ricerca impallandosi il cervello.
Io che aspetto e cerco di dissimulare l'imbarazzo di fronte a chi, con io che lo pago, dovrebbe aiutarmi in una procedura guidata.

L'incompetenza è nascondersi dietro i propri diritti. Il diritto di continuare a fare un lavoro che non vi piace. Il diritto a portare a casa lo stipendio per aver spostato una mensola da destra a sinistra, peraver deciso che la sedia rossa sta meglio della gialla.
L'incompetenza a voi  paga tutti i miei anni di studio e voi non paghi mi venite anche a dire che mi devo accontentare.

Quando oso mettere in luce quello chedavvero non va, gli sprechi di denaro, risorse, il fatto che può venirci il sangue amaro continuando così, una crisi isterica e un pianto di fronte ai vasetti dello yogurt, quando oso farvi notare che non solo siete un pelino incompetenti, ma siete anche degli arroganti figli di puttana, quando oso alzare lo sguardo, me lo fate ricacciare nelle tasche al suon di "questo è quello che abbiamo", "tu non puoi dire queste cose", "con quale diritto parli tu?".

Siamo giovani. Siamo ignoranti. Ed è vero. IN MOLTI, MOLTISSIMI, lo sono. Io anche lo sono. Ma caro il mio vecchio, o semplicemente caro il mio lavoratore a tempo indeterminato capitato per culo o per caso in quel lavoro che manco ti piace, LO SEI ANCHE TU.

Ma che ti venga un accidente se lo ammetti! Non sia mai.
Tu non sei privilegiato, è un tuo diritto
SIAMO NOI, poveri sfigati bamboccioni choosy, a dover lottare per i nostri diritti.

Caro il mio lavoratore, imprenditore, vecchio, sai che ti dico?
PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRl.

ed è già tanto se non ti rigo la macchina, STRONZO.

10.26.2012

e ora qualcosa di completamente diverso

è da un po' che vorrei scrivere, metter giù inchiostro su carta si diceva ai tempi della carta. (oggi invece dovrei dire che e' dà un pò....)

non fa parte dello "stile" di questo blog riportare fatti di cronaca e attualità commentandoli a lungo
ma oggi, e forse solo per oggi, farà eccezione questo post

perché? perché ho qualcosa da dire che va oltre agli inutili ritratti della gente che incontro, della monotonia del vivere, dei ricordi, di attimi passati in fretta, di suggestioni.

punto primo:
ho letto un articolo che ha fatto "discutere" un po' nei giorni scorsi. l'articolo è questo http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/24/femminicidio-ma-siamo-sicuri/390514/

no. non parlerò male del suo autore perché uomo, nè voglio difendere a spada tratta le donne. (chi mi conosce già sa che penso a tal proposito e non serve dilungarmi qui in spiegazioni)

voglio fare un semplice ragionamento invece. l'italiano è una lingua "prolissa". abbiamo parole per tutto, salvo le cose-mestieri-etc tecnologici per i quali ci fa cool usare nomi inglesi.
anche il latino era prolisso e il greco a sua volta ed è ancora chiara l'impronta di queste lingue nella nostra.
facciamo degli esempi a tema: omicidio è una parola composta da "omi" e "cidio" - cidio deriva dal lat. càedere "uccidere" e significa lett. uccisione di un uomo da parte di un uomo (uomo inteso come "umano").
uxoricidio è l'omicidio della propria moglie (per est. marito) da parte del coniuge
fratricidio è l'omicidio del proprio fratello (per est. sorella) da parte del fratello (sorella)
mi fermo con gli esempi

femminicidio no. non funziona così. è una parola semanticamente ricca di significati simbolici. e ve lo dico da profana, completa, non da improvvisata echiana.
femminicidio è una parola carica di suggestione. (traduzione di quella roba alla riga precedente).
non che gli esempi sopra citati non lo siano, ma in essi c'è qualcosa di molto categorico e definito (si è moglie/marito per contratto - fratello/sorella per sangue o legge). con femminicidio s'allarga e di molto la categoria che viene più sfumata. si tratta di uccisione di una donna in quanto donna (cioè con tutto ciò, tutti gli attributi, che questa si porta appresso)

torno all'articolo. l'autore parla di dati. ci dice che SOLO il 23,9% delle vittime di omicidio sono donne (in Italia) e che sarà mai? (non lo dice esplicitamente ma è chiaro che va a parare lì). non si può parlare di femminicidio se ci son così pochi casi! mediaticamente è scorretto! questi stereotipi mietono vittime!
cita quindi un esempio di stereotipo che ha fatto danni e con cui la lega è andata a nozze: straniero = delinquente
bisogna stare attenti. e molto. e attente, soprattutto.
non è che blaterando contro il femminicidio si stia facendo disinformazione. non si sta dicendo che "l'uomo è feroce, odia le donne, le schiavizza" etcetc. NO.
si sta dicendo altro, si sta dicendo che "attenzione ci sono casi di violenza che fin ieri erano sottaciuti e che oggi stanno emergendo e con quest'emersione si trasformano in atti più gravi". sono cose "sempre successe" ma di cui oggi si vuol parlare.
più che a far esempi con la storia dello straniero = delinquente farei un esempio positivo a riguardo.
noi al nord la mafia non sapevamo che fosse.
ve lo dico da studentessa mediocre, proveniente da una famiglia di abbastanza umili origini, culturalmente abbastanza ricca di spunti se non di informazioni.
la mafia era una cosa del sud. una cosa da film ESATTAMENTE come la yakuza nipponica.
dico ERA perché un bel giorno, quando ormai avevo passato i 18, si è iniziato a parlarne anche al nord, ad interessarsi al sistema mafioso. I giudici erano morti da anni, erano morti al sud per questioni del sud, a noi, nord, non ci toccava. non era nostro problema
poi venne saviano, roberto. e ci sputò in faccia in modo mediaticamente invasivo che la camorra funziona così e così e attenzione c'è anche al nord. oh accidenti, l'uomo del nord pensò, sarà una stronzata?
anno 2012: non è più solo un pensiero di un autore di successo del sud, non sono più parole da bar, le infiltrazioni mafiose nella politica (ma non solo, ovviamente) sono state smascherate.
ora, oggi, nessuno dotato di intelletto oserebbe dire che "la mafia non esiste, ma ammesso esista non c'è al nord". lo sa anche mia nonna che di anni ne ha più di 80 e scrive in un italiano imbarazzane. giusto per chiarire.

torniamo a femminicidio. è sempre successo. ti prendevano a botte (padre, fratelli e marito) e tu zitta. DOVEVI stare zitta. il delitto d'onore non è storia dell'uomo di neanderthal, è sparito dall'ordinamento giuridico nell'81. dovevi stare zitta e se non stavi zitta c'era solo un posto per te, la tomba, il silenziatore definitivo.
quando le donne hanno cominciato ad avere l'ardire di parlare, di ribellarsi, di dire no, ecco lì i guai si son moltiplicati. tu, portatrice insana di vagina, non dovevi osare parlare. non dovevi osare lasciare,andartene,partire,dire,fare,baciare,lettera e testamento. PUNTO.
non si sta dicendo "l'uomo è delinquente": sarebbe come quell'inutile brutt'esempio che è straniero=delinquente. si sta dicendo "fate anzione", ma non solo voi donne, anche voi uomini. "huston abbiamo un problema" e il problema è che il vaso di pandora sulla violenza di genere si sta aprendo, ma non solo, s'è lacerato ed ora tutto sta colando.

c'è del buono in tutto ciò. il buono è che non ci si può più nascondere. "c'è del marcio in danimarca" e anche in italia e nel resto del mondo. questo marcio si chiama violenza che diventa marcissima e piena di muffa quando si arriva all'omicidio.

siamo "vittime" in italia di una cultura dell'omertà sulle parole. ancora oggi ai bambini sento insegnare parole come "farfallina" "pisellino" "pupù" "sederino", altri termini sono ritenuti impropri, vagina, pene, feci e deretano suonano male si vede. siamo il paese del "si fa e non si dice", e finché ci andrà bene così, state pur tranquilli che ci sarà sempre qualcuno pronto con suo bel tappo a chiudere il vaso di pandora.

e ora qualcosa di completamente diverso.

9.30.2012

sguardi dalla provincia - storia di

m'appari sbiadita
come sfocata
e t'infrangi
senza lasciarmi il tempo 
di ricordare
di ricordati

capelli di pece
diafana la pelle
occhi che dicevano più della bocca

mani veloci le tue,
sempre a prendere 
mai a dare
qualcosa d'altri
a fartelo tuo 
a richiamare

la più bella
la più dolce

più bello il viso
le gambe

fuori posto come le altre
e mai da sola ti vidi
comparire alla mia porta
una
cento
la metà di mille

non ricordo il tuo sorriso
ma ben conservo 
quel giorno in cui t'è sparito

chiudersi veloce la porta del mondo
mentre tutti 
scuri 
temono
per loro stessi
la tua sorte

9.26.2012

le mille vite di K.

ho preso un aereo e c'era freddo d'inverno. non sapevo che lì dif reddo ne avrei trovato di più.
non ero mai stata a Berlino e quando ho visto scritto "K. ha cambiato la sua città attuale in Berlino" io non son riuscita a contenermi. Dove sei? che fai? Progetti?
una settimana dopo avevo già preso il biglietto. non avevo mai visto Berlino. erano anni che non vedevo te.
la germania m'è sempre sembrata un mondo distante, freddo, irraggiungibile, il termine teutonico l'ho sempre pensato azzeccato. ma perché eri finit* lì K.? volevo sapere. non potevo permettermi di rimanere a vuoto di informazioni, secca di conversazioni. avevo bisogno di aria nuova, forse di ripartite, forse solo di respirare.

ho meno vestiti del previsto. un cappotto che non tiene per niente caldo.
non mi vieni a prendere K. gli impegni devono morderti anche qui. un indirizzo. città nuova. non ho idea di come si dica mi scusi mi può dire dove... come si dirà in tedesco? la tecnologia aiuta chi non sa lingue madri diverse dalla propria. arrivo stremata. lo zaino in spalla come una scolaretta. ho sempre pensato di dover imparare da te e di non avere molto da insegnarti K.
suono all'unico campanello del numero indicato sul mio foglietto. il campanello è senza nome e mi viene un magone tremendo. cosa faccio qui? perché sono venuta qui? sarà il posto giusto? ma K. mi vorrà davvero vedere in giro?

apri. mi guardi. ti sorrido. mi sorridi. apri le braccia, vuoi un abbraccio. velocissimo.
K. senza calze, con un maglione dell'anteguerra. Io d'inverno, K. non t'ho mai vist*.
Primavere ed estati. Un autunno e niente più. l'inverno non è mai stata la nostra stagione.

entro. appoggio le mie cose per terra. mi guardo intorno. K. ma cos'hai fatto qua? come hai arredato questo posto? è, semplicemente, fantastico.
ci sono cuscini ovunque. niente divani, dici, pesavano troppo. l'affitto è basso, meno che in una città media in italia. molto meno della tua vecchia casa. ci sei stata, mi dici. sì. ho un ricordo preciso di quella casa. e questa, no non sembra casa tua.
K. non so cosa ti sia successo nelal vita. vorrei sapere, vorrei avere tutte le informazioni del caso. un taccuino su cui appuntarmele. prendere una lampada farti un interrogatorio di 10 ore. K. la mia passione per il poliziesco non è svanita.
ma non riesco a chiedere, non voglio invadere ancor più uno spazio che già sento di aver invaso solo respirandoci.

mentre guardiamo il sole tramontare dietro i tetti, sedut* sui cuscini, con in mano i nostri bicchieri di vino, però non resisto e te lo chiedo. K. ma sei scappat*?
ricordo tue storie di quando fuggivi per il mondo, anche se il mondo era a 10 km da casa dei tuoi. mi dici che no, non sei fuggit*, sei arrivat*.

la fortuna che avevi avuto non t'era bastata. l'ultima volta che ti ho visto, son sicura di averti ferit* nel profondo. non me lo dirai mai ma quel dirmi che la fortuna non t'era bastata mi fa capire più di quel che credi.
hai ricominciato da zero, dici, senza conoscere il tedesco. buttato al vento la tua vita precedente, lasciato alle spalle tutto. amici, amori e amanti.
adesso dipingi.

scrivi.

mangi insalate.

vegetarianismo.

bevi pochi caffè, anche poco alcol, ma un po' sì per stare in compagnia, birre no.
eri uscit* stanc* da una situazione difficile, amici opportunisti che ti hanno usat* per scopi poco nobili.
ma non solo questo. l'individualismo sfrenato con cui avevi condotto la tua vita fuori dalla casa berlinese.
questo, te lo leggo in faccia, anche se non me lo dici.
K. non ti porto rancore per il tempo non speso a parlarmi.
sono felice di vederti. non sto, per la prima volta da quando ti conosco, imparando nulla. al tempo stesso non ho quel senso di ansia da prestazione che mi mettevi. nè, tanto meno, mi sento qualcosa di meno di te. per una volta non sento la tua fortuna, non sento un po' d'odio nel mio sguardo.

per la prima volta K. ti vedo come persona.


poi mi sveglio.

9.04.2012

dell'antica arte di saper vendere e dei suoi affini

cazzeggiando su youtube mi sono scontrata con questo video
ve ne riporto il succo (con parole riprese dall'autore) e mi permetto dall'alto della mia bassezzaa di commentarlo.
Il video non è interessante in sè ma riassumo un po' quell'atteggiamento che la persona che lavora assume nei confronti del disoccupato e del precario a vita. (in rosso le parti del video)

- renditi disponibile a cogliere le opportunità, a trovare un lavoro, a creare un lavoro
come si diventa disponbili a cogliere le opportunità?
- i titolo di studio non sono richiesti (es. bill gates, steve jobs)
per fare cosa lo si vedrà ma questa affermazione è totalmente fuorviante.
- non è vero che sopra i 40, 50 e 60 non ci sia lavoro, c'è più esperienza
ora non so la vostra età, ma già è dura trovare lavoro, crearlo, a meno di 40 anni, non riesco a figurarmi come l'esperienza sia in qualche modo utile in Italia, attualmente
- mercati emergenti per chi..."non è super laureato" ma fa lavori manuali o sei semplicemente simpatico, dote fondamentale
non servono lauree (vedi, non servono titoli di studio) basta essere simpatici. questo lo diceva anche un noto politico e sappiamo tutti come è andata a finire
- ben disposto a lavorare, ci metti la voglia, con la simpatia e la gentilezza puoi aprire un'azienda
perdete un secondo ad immaginare questa scena: vi recate in banca con un sorriso smagliante, aspettate il vostro turno facendo passare davanti a voi persone ultra65enni, donne incinta, adulti con bambini, quando finalmente tocca a voi, alle 12e45 circa, vi presentate al banco e sempre con il sorriso fate due battute sul tempo atmosferico, potete anche raccontare una barzelletta se ve la sentite, ricordate di dare del lei, di dire grazie e per favore e poi chiedete 250.000 euro per aprire un'azienda. se vi rispondono no, beh forse quella barzelletta sulla religione ve la potevate risparmiare.
- tre settori emergenti per chi usa bene la mente: informatica (creazione di programmi, assistenza perchè i computer si rompono, inventare i plug in, web per vendere,) e il titolo di studio non serve ed è un settore vastissimo
- biotecnologie (meccanica/fisica) integrare le scoperte con la vita di tutti i giorni, c'è da vendere le biotecnologie
politica, qui occorre un rinnovamento totale, non c'è un titolo di studio, ma non c'è un'università che ti insegna il nuovo modo di fare politica, ecologia e politica
facciamola breve: per tutte queste cose, o per la maggiorparte, sì vi serve un titolo. non perché vi serve il pezzo di carta ma perchè certe cose non si imparano guardando la tv, o passeggiando al parco, vi serve del tempo, e generalmente essere disoccupati e "perdere tempo" a studiare a casa da soli, beh non è socialmente concesso, soprattutto se avete avuto 18 anni tra i 15 e i 2 anni fa.
- per chi usa bene il corpo: ristorazione (festiva - le gite, feriale -per chi lavora e mangia fuori e feste - fare una festa in un locale, all'aperto) non devi aprire un ristorante, puoi inventarti tantissime professioni
- assistenza (infermieristica - assistenza alle persone anziane, pulizia vastissimo campo, vendita - vendere non è costringere a comprare, settore in forte espansione)
- turismo (tour operator, recupero tradizioni, eco-vacanze)
anche qui, come sopra. per la ristorazione vi servono svariati permessi, o potete aprire un circolo. questa seconda cosa però ultimamente non è più così semplice da fare, vi serviranno soldi per i permessi.
l'assistenza...a meno che voi non siate delle badanti ucraine, scordatevi di fare assistenza infermieristica senza un titolo. non vi prende nessuno. 
per il turismo potete essere simpatici, ma ricordate che vi serviranno soldi e scartoffie per tutto il resto. 
- ti senti sensibile? per chi è simpatico, sensibile, artista: - spettacolo (youtube offre molte opportunità) animazione, farti conoscere, moltissime opportunità
- musica (novità, tradizione, jingle, anche via web)
- artigianato (moda, la gente ama vestirsi, restauro, strumenti musicali, quelli fatti con il legno, le colle possono integrarsi con i discorsi di eco-vacanze)
si rasenta la follia. o forse non ho chiarito una cosa da subito: per me lavorare significa essere pagati in denaro che abbia valore sul mercato (per intenderci i soldi del monopoli non valgono per quanto mi riguarda), e non so da quando ci sia l'effettiva opportunità di fare musica e guadagnare.
 
FIN QUI sono BEN più di 25 opportunità
davvero?
per ogni settore emergente occorro altre figure:
- fornitori di materiali - venditore
- fornitori di edifici (forniscono anche le strade) - venditore
-  venditori (elaborano strategie di acquisto)
-  coordinatori che sanno ottimizzare il flusso delle vendite, dell'assistenza -- venditore
- insegnanti che spiegano come coordinare la ricerca, come far funzionare la macchina, come raggiungere un risultato - e questi sempre senza titoli di studio
- formatori brevi corsi, forniscono conoscenze a piccoli gruppi - questa sì invece è gente che s'è creata lavoro dal nulla
età, titoli di studio, esperienze NON SONO OSTACOLI.
disse il venditore di fumo
ci sono le opportunità e qui te l'ho dimostrato. ed ecco a voi un uso totalmente improprio del metodo scientifico
tu sai cosa vuole il pubblico. tu sei il pubblico, aggiunge. avete comprato i pop corn?
l'università oggi e tutte le scuole precedenti non sono preparate per formare delle persone che riescano a lavorare. infatti se uno studia poi non riesce a lavorare. diamogli ragione.
CREARE il lavoro: non c'è mai un lavoro che ti viene dato crealo usando le modalità di cui sopra
"evita gli esperti disfattisti" gli economisti annoiati, cupi tristi, tutte sciocchezze e non funziona così
il lavoro serve a produrre cose utili. i disfattisti...chiacchere che sono spazzatura. queste chiacchere invece vi saranno utili, potete metterle nella raccolta differenziata, per lo meno.
potenzia l'autostima e le tue capacità di comunicazione, creare una squadra, spiegare le tue idee, capacità di capire cosa dice l'altra parte.

ora vanno di moda i life coach (lo è anche sto tipo) cioè venditori di fumo che vi venderanno parole su quanto belle persone siete, quanto bravi siete, quanto potenziale avete e no il mondo vi ama se vi lasciate amare, c'è gioia in ogni gesto che fate, potete trovare la felicità se cambiate prospettiva.

venditori di fumo. questo era solo un esempio, l'ennesimo, di quanto ci stiano tutti prendendo per il culo.

ma c'è un'opportunità, forse v'è sfuggita, potete essere venditori di fumo! e guadagnare dall'ignoranza/impotenza altrui. 
 




8.29.2012

tendere a zero e ostinarsi a scorrere ancora

e poi scopri d'improvviso, come un lampo a cielo aperto, che c'è gente che cancella le tue parole letteralmente

è come riprendere fiato dopo una spanciata in acqua e accorgersi che dovevi flettere meglio le gambe, avresti dovuto piegare meglio il busto, tendere avanti le braccia.
è un eterno e se

bere un caffè amaro quando si voleva più zucchero, doversi sorbire l'ingrata compagnia delle zanzare che dopo lunghi banchetti se ne escono di scenza senza commiati, risvegliarsi col torcicollo per aver dormito con il cuscino anticervicale dal lato sbagliato, mandar giù aria quando il piatto s'è svuotato.

e se?
se si potesse riavvolgere il nastro, lasciarlo bianco, così che nessuno possa perdere un minuto del suo tempo a cancellare quello che altri han costruito?

cosa potremo imparare senza errori?


8.07.2012

quel giorno che anche a me rubarono la bici

ho poche certezze nella vita e una m'è stata smantellata qualche anno fa.

anche a me rubarono la bici. fu solo per qualche ora ma fu un dramma immenso.

le cose andarono più o meno così.
ero solita usare la bici al paese natio dove non se n'è mai visto rubare una per molti anni. soprattutto non era logico rubare bici scassate, che in quegli anni erano le uniche a girare a dirla tutta. non era logico perché non ci sarebbe stato mercato dell'usato dell'usato e nessuno si sarebbe ricomprato la sua bici. nessuno avrebbe comprato una bici visto che quelle che giravano erano ereditate. ti si rompeva la bici e arrivava il parente di n grado a regalartene una scassata di qualche anno addietro, spesso di molti anni addrietro.
insomma, a nessuno con mente logica sarebbe mai venuto in mente di rubare una bici perché non ci avrebbe mai fatto soldi.
ma si sa che non è la logica a governare il mondo, neppure a governare piccoli paesi sperduti tra le campagne.
e così una sera d'estate la mia bici sparì.
era posizionata nel punto esatto dove ero solita lasciarla per svariate ore, totalmente abbandonata a se stessa e con nessuna attenzione particolare.
la bici era anche brutta. non particolarmente comoda. la sella era ancora una di quelle di cuoio che penso fossero in uso durante gli anni '60 o forse prima. era stata imbottita da un copri sella di finta pelle racattato da un'altra bici e molti anni prima della disgrazia era stata riparata, riverniciata e dotata di nuovi pneumatici.
il colore era la sola cosa che a dire il vero era bello. una specie di blu carta da zucchero che non so che colore sia a dire il vero perché la carta da zucchero di quel colore non esiste da ben prima della mia nascita. montava gomme bianche da 26. quindi a ben vedere non era proprio orrenda. e manici del manubrio in finto osso ma di quel colore lì.
aveva un suo carattere che decisi ben bene di rovinare il giorno che gli appiccicai, proprio dietro al faro anteriore, un adesivo di dylan di beverly hills, telefilm che per altro era finito qualche anno prima dell'uso sfrenato che feci di quella bici.
e così la mia bici color carta da zucchero con ruote bianche e l'adesivo improponibile di dylan era parcheggiata, come ogni sera, nello stesso posto anche quella sventurata notte.
il furto infatti avvenne a sera inoltrata, una di quelle sere d'agosto in cui la notte inizia a calar prima e si comincia già a sentire nostalgia per l'estate che sta finendo e il brutto autunno che sta iniziando.
non m'accorsi del furto in un lasso di tempo così breve da capire cosa stava succedendo.
infatti subii un tentativo di furto della stessa bici l'autunno precedente al fattaccio. mi trovavo a dieci passi dalla bici a mangiare un gelato quasi sciolto dalle parole quando all'improvviso la bici mi fu sottratta da una persona che iniziò a correre selvaggiamente e senza controllo alcuno.
era il periodo della fiera paesana che si tiene da diversi secoli perciò le strade erano piene di bancarelle di tiri a segno, tanto che chi guidava la bici, ebbro come pochi possono alle tre del pomeriggio e con età davvero lontana da quella pensionabile, andò a schiantarsi contro un orso polare rosa e giallo della consistenza del polistirolo crollando miseramente a terra insieme alla bici e al pupazzo.
il tentativo mal riuscito finì in due minuti con la platea a battere le mani e già a maledire chi miseramente era riuscito a essere, di nuovo, zimbello del posto.
l'estate seguente invece la bici mi fu sottratta senza la mia supervisione.
ritornai al parcheggio improprio diverse ore dopo l'abbandono del mezzo e quella era sparita.
erano diverse ore dopo la mezzanotte e quello fu il motivo principale per il quale non mi misi a imprecare a squarciagola tutti gli dei del mondo. a dire il vero, per rigor di cronaca, l'altro motivo, altrettanto valido, per il quale non lo feci è che appena il tono di voce si alzava di qualche decibel arrivava sul palcoscenico una secchiata d'acqua gelida, che anche a voler essere ottimisti, non è proprio ciò che si desidera pur essendo stato luglio pieno.
sconsolata pensai all'ennesimo scherzo, la mia bici doveva essere stata fatta volare nel canale. questo pensiero mi rovinò del tutto la notte. se la mia bici fosse volata per volere di un burlone nell'acqua putrida del canale era la fine. non avrei mai potuto nè sapere la verità, nè andare a ripescarla qualora la verità fosse emersa, perché la bici, quella no, da lì, non poteva riemergere.
mi avviai a piedi, trascinando i piedi, certa ormai di dover recuperare una bici di fortuna nei giorni seguenti.
pensavo già a dover recuperare una graziellina che non mi avrebbe permesso grossi giri oltre al fatto che non avrei più potuto esser risciò.
nel mio rimuginare quasi non sentii quella voce che iniziò a chiamarmi e a chiamarmi.
considerando l'ora tarda, ma i bar ancora aperti con certi individui davvero poco raccomandabili al loro interno, mi chiesi all'istante cosa mi sarebbe capitato di spiacevole ora, dopo la dipartita della bici. non avevo alcuna voglia di rispondere a quel richiamo. nell'ipotesi migliori sarebbe finita con un'umiliazione pubblica che non avevo nessuna voglia di affrontare dopo il dramma della perdita del mio unico mezzo di trasporto.
la voce pian piano si avvicinava mentre il mio passo accelerava in direzione opposta.
onde evitareche il mio nome arrivasse sino al bar successivo, ove le più turpe umiliazioni avvenivano, decisi di fermarmi e voltarmi per evitare il peggio e affrontare il minor male possibile del momento.
ora la voce del mio aguzzino si faceva soave. ti hanno rubato la bici. bene questo significava che non era in canale. hai visto chi?. sì è stata "la persone di cui il tentativo di furto"...l'ha presa in prestito per tornare a casa dicendo che domani l'avrebbe riportata al suo posto.
ovviamente tutto il dialogo avvenne in dialetto ed era farcito da parole non proprio carine verso chi, di nuovo, aveva tentato di sottrarmi quel bene per farsi del bene.
fui a casa in meno di dieci minuti, senza correre.
passai davanti alla casa di chi aveva osato, di nuovo, sfidarmi eche, casualità?, abitava proprio lungo la mia via.
ripresi la bici dal suo predatore e me ne tornai a casa.



8.06.2012

l'estate al tempo delle olimpiadi

olimpiadi del 2012.
a Londra.


i commentatori che si lamentano del tempo e guardano le nuvole passare, pioverà non pioverà, oddiopiove, no ha smesso.
sono diventati inglesi in 10 giorni ma con quel gusto per il lamento tutto italiano.

i commentatori che se ne escono con frasi razziste. l'hanno fatto alla prima sfilata atleti e continuano a farlo.

lucchetta che commenta parodiando se stesso.

atlenti inesistenti in gara, totalmente presenti sui media.

i vincintori di sport minori che denigrano gli atleti di cui sopra.

la corsa sotto la pioggia battente e gli sport indoor che non vengono mostrati a nessuno.

scoprire che esistono sport di cui non sapevi l'esistenza e ti vien da chiederti ma quella gente come e dove si allena?

lanciatori di disco, martello e peso, che fanno paura per quanto grossi sono.

marciatori che per gamba hanno un mio braccio.

altro?

qualcuno vince, molti perdono. ma quelli che perdono sono tra i primi 100 al mondo, non gli basta?
il quarto a cui io la medaglia di legno la darei davvero.
sport nautici, tranne il nuoto, non pervenuti.
sport, tranne il nuoto, non pervenuti.




8.02.2012

Provincia periferica e i suoi inquilini malati. Capelli al culo

Capelli al culo non aveva molto da dirmi.

La guardavo e crecavo di immaginarmi ogni volta che muoveva un muscolo facciale a quale pensiero stesse pensando. Era così radiosa senza essere incinta.
Capelli al culo si muoveva disinvolta fumando sigarette che non le appartenevano.
Era la jolie in ragazze interotte.
O almeno io credevo seriamente che lo fosse.
Certo il non essere anoressica, il non farsi d'eroina, il non avere un mento da uomo, in effetti, le toglievano un po' di fascino, ammettiamolo, ma era un po' così.

Capelli al culo però era una persona noiosa, in realtà.
Sapete una persona con del potenziale, inutile, per ciò che mi riguarda.
Ti diceva fino a lì e tu dovevi immaginarti il resto.
Credo che questa cosa agli uomini piaccia.
No aspetta, credo che questa cosa piaccia agli uomini a cui capelli al culo piaceva.

Capelli al culo non aveva un capello del suo colore naturale.
Nata mora, con i lineamenti da mora, ma le lentiggini da irlandese, aveva deciso, il giorno in cui le era venuto il menarca, di farsi bionda.
Una vita da mora, capelli al culo, non avrebbe mai potuto viverla, nossignore.

Era radiosa e forse divertente. Un po' sopra le righe, ma pur sempre dentro una sua cornice.
Era la cornice a non andarmi totalmente a genio, perché mai avrebbe dovuto piacermi?

Capelli al culo era circondata da uomini di ogni tipo, età, estrazione sociale, colore di pelle, colore di palle, lunghezza del membro, quantità di capelli, escrescenze sul viso.
Ne aveva uno per ogni cambio di mutande, ve l'assicuro. E vi assicuro che di mutande ne aveva ben più di un cassetto. Non puoi certo accordare l'uomo x con la mutanda bianca. NO. per ogni uomo, una mutanda.

La vita di capelli al culo era frenetica. Lei invece no.
Dava l'impressione, se la guardavi negli occhi, di aver qualcosa di misterioso da dirti, da darti.
Sarà. Poi ho capito che era solo il colore, il fatto che non ci vedesse bene e non volesse mettere occhiali, così ti guardava, strizzava un po' gli occhi e tu pensavi, affascinante, invece no, semplicemente capelli al culo non ti vedeva bene.

Appena spegneva una sigaretta ne accendeva un'altra. Dopo 10 minuti starci vicino diventava insopportabile. Così usciva dal posto in cui era a fumarne un'altra. 
Girava con la pelliccia da vamp, capelli al culo, manco avesse 40 anni. L'aria da donna vissuta deve averla avuta anche a 5 anni, a giudicare dalle foto.

Capelli al culo non era una donna facile. Una troietta, come si dice. No. Era alquanto complicata.
Ad esempio te la faceva annusare per mesi, per poi darla, in un nano secondo, al tuo migliore amico, per non ferirti.
Era capace di grandi amori, di quelli da telenovelas, un po' splatter però. Un po' Welsh, un po' Palahniuk, ogni storia che usciva dalla bocca di capelli al culo aveva il sapore aspro di quei luoghi abbandonati di periferia provinciale. Dove i 15enni fanno sesso non protetto sui materassi disdetti dalle ferrovie.

Capelli al culo poteva raccontarti per ore i suoi amplessi, anche se no, non te ne poteva fregare di meno.
Ma lei, come già detto, non aveva molto da dirmi, da dirci, se non l'unica cosa che aveva da darci.



7.23.2012

l'arte di abitare o dei rumori molesti

è brutto realizzare, a un certo punto, che non si può, davvero, tornare indietro, mai.

ti puoi immergere tutte le volte che vuoi, ma l'acqua sarà sempre diversa, parafrasando.

è brutto?
no. sbaglio.

non è brutto. è avvilente.
e io, sinceramente, teneramente e brutalmente mi incazzo.

a me, le persone con le braghe blu e le maglie gialle e i cappelli viola e le scarpe rosse, piacciono.

aprite i manicomi, di nuovo, io vorrei sentirmi a casa, per un po'.

6.29.2012

little pills...life iced

mi vedo con i capelli sciolti e una mano fuori dal finestrino a fare le onde mentre mastico due bigbabol gusto uva-che-sa-di-fragola, a fare bolle grandi e sorridere isterica. invece no. ci sono 800 gradi dentro quest'auto e tu tieni i finestrini chiusi e io mi lego i capelli accendo l'aria condizionata che romba e tu mi dici che hai già pagato il meccanico due volte e che non va. uno spiraglio d'aria dal finestrino, ma non basta, soffoco e niente, metti su musica che poi vuoi parlare e non c'è niente che io possa fare, solo, solo, soffocare.

in coda come i pensionati il primo del mese contando gli spiccioli da borseggiamento della domenica a messa, aspettiamo il nostro turno alla macchinetta del caffè. tu parli di cose inutili, come le mie, ma la tecnologia per me ha semrpe quel gusto di totale inutilità divertente. ti ascolto e non capisco. realtà aumentata dici. io replico con aumentà realtata. ridiamo. tu dici è il caldo. io dico no. cos'è, la realtà aumentata? perché lo fai? cos'è che vuoi vendermi a 4000 euro, minimo, dici. roba per interior design. per parrucchieri. per metterti i baffi. e mille altre cose...mille altre cose. mi spiace a me viene in mente solo il porno. ti dico pensa al porno. tu ridi. dici non sei la prima a dirmelo. con il porno si diventa ricchi, l'interior design è roba da snob che ora sappiamo cos'è grazie a quei pirla su realtime, ma nessuno spenderebbe 4000 euro per una roba così se può avere realtime free.

cerco di non lamentarmi, mi sorridi, ti dico che non va male e me lo dici anche tu. tu emigri io rimango e ti chiedo che sapore ha vivere di là, al di là, di questa coltre di nubi, cortina di ferro, del vivere all'italiana, in mezzo alla burocrazia. no, invece, non mi interessa. so come si vive al di là. perché sei tornato? ti chiedo. un po' amara un po' dolce io sorrido tu non più. dare una speranza, un futuro, provarci.
sorrido, non lo sai che la gramigna non si estirpa? la gramigna è quella pianta che devi far bruciare da cose chimiche o ti mangia tutto il resto. la gramigna non attira insetti buoni, non fa fiori, le farfalle la snobbano e le coccinelle non sanno che farsene. e non ci sono api a salvarci...se spariscono le api noi moriamo tutti, non subito ci vorrà un po', ma succederà...e la gramigna resterà senza api, senza noi, e continuerà. tu provaci se vuoi.


mi scaldo. mi rammarico. penso come può succedere..come può? sudo 18 camicie e credimi non è solo il caldo. provo a inventarmi una vita. mi metto i vestidi degli altri, ti presento i miei anni migliori, ti incoraggio e ti sorprendo. come sei brava, come sei coraggiosa, ma davvero? mi dici...davvero? ma è inutile. mi sembri inutile peggio della aumentà realtata. non te lo so manco spiegare cosa non va. non ti so manco spiegare perché mi fai sentire così. tu non scrivi, tu lavori. tu non crei, tu lavori. tu non, tu lavori. ti appoggiano. suona tutto così semplice. mi son sempre chiesta come sia la semplicità. dovevo nascere bionda. o alta. cioè entrambe era meglio. ma fa niente. sono sempre brava e coraggiosa et et et. et.

impazzire per timbrare il biglietto del treno. ti si avvicinano loro. i balotelli de noialtri. un po' guaponi. tu pensi male. hai paura e dici no no no grazie no. se ne vanno timbrando i loro biglietti, fanno spallucce, spalloni.
io ti aiuto a timbrarti il biglietto. mi dici grazie. e penso che male avranno fatto quei due a volerti aiutare, quand'è che il tuo pregiudizio ti uccide, pensi che lo stereotipo ti possa salvare? e ti volevo dire che sapevi da ascella.


6.18.2012

Scivola leggera

Erica, con la c, si siede sul gradino di marmo scheggiato. Lo sfiora con le mani mentre il suo sedere ci suda su che ci son 40 gradi all'ombra.
Le passano accanto persone di tutti i colori che lei non vede, effetto occhiali da sole protettivi, e pensa che però è estate e che belli i colori.
I sandali le hanno già fatto le vesciche dopo 5 minuti di cammino. Si gratta insistentemente una puntura di zanzara che sul braccio le ha lasciato un ricordo pestilenziale.
Erica s'annusa l'ascella intenta non farsi scoprire. Ha le vesciche che le fanno male, il bubbone e l'ascella pezzata. Non è al massimo della forma. Ha anche le sue cose, se volete saperlo.
Insomma per Erica è una giornata no.
Quando s'è alzata stamattina Erica era convinta che potesse andarle tutto bene.
Per i primi dieci secondi ha avuto una sensazione di sollievo, poi ha iniziato a sentire sapore di sangue in bocca realizzando immediatamente che il dente aveva iniziato a sanguinarle di nuovo. A Erica sanguinano le gengive ma lei, come me, non è dentista e non vi saprà dire, nè tanto meno lo posso fare io, quale sia il dente che sanguina. Io però posso dirvi che a sanguinare è la gengiva, non il dente.
Poi ha notato il bubbone sul braccio e mentre con la lingua si leccava la gengiva dolorante con la mano sinistra ha iniziato a grattarsi insistentemente. La zanzara deve essere entrata ieri notte in quei due secondi che Erica ci mette ad aprire la finestra e chiudere i balconi. Sono quei due secondi in cui Erica pensa, tutte le sere d'estate, che la tapparella le potrebbe evitare incontri spiacevoli con le zanzare.
Ormai con la giornata semi rovinata s'è trascinata giù dal letto inciampando sui vestiti sporchi del giorno prima e finendo con un ginocchio a terra. Bestemmie di prima mattina, io non posso riportarle, date spazio alla fantasia, per un secondo.
Non si dà per vinta Erica, oggi ha un colloquio, il primo dopo mesi.
Erica sorride e ha i denti rosso sangue. Si sciacqua la bocca e sorride di nuovo.
Tenta di pettinarsi ma ci son più nodi in testa sua che nelle reti dei pescatori. Sorride al pensiero di avere una rete in testa e le viene in mente un film, anche a me viene in mente un film di qualche anno fa. Sorrido anche io al pensiero della rete in testa, al pensiero del film, che là la tipa era riccissima e con la rete in testa...come pettinarsi?
Decide di fare una coda ribelle, va di moda nel 2012, si dice, lei la moda la segue. Ha anche comprato un abitino triste a fiorellini piccoli come quelli che usava sua nonna. No, non sa se sua nonna li usava, non l'ha mai conosciuta. Ma non importa lei sua nonna se l'immagina così, con i vestiti a fiori tristi e sbiaditi. Va di moda vestirsi come le proprie nonne ed Erica sta al gioco. S'infila il vestito senza guardarsi allo specchio.
Si mette i sandali.
Si rilava i denti, giusto per esseri sicuri, e va. Mette sopra al vestito una giacca per coprire il bubone, prende la bici e parte per le strade che anche se è giugno sono ancora piene di gente ché i vacanzieri se ne vanno ad agosto e lei per quella data avrà un lavoro, forse.
Erica arriva un po' sudata, è la giacca. Si sistema il vestito e i capelli. Si mette gli occhiali poi li toglie. Suona. Si presenta. La fanno accomodare.
La stanza 2x3 è freschissima. non toglie la giacca ma cerca di godere dell'aria fresca, d'asciugare il sudore. Legge i certificati alle pareti, guarda le macchie di non si sa cosa sulle sedie blu da ufficio. Pensa che questi posti sono tutti uguali. Cambia un po' l'arredamento, a volte cambia il colore delle sedie, ma l'odore è quello. Come nelle sale d'attesa ambulatoriali, come in coda alla stazione per fare il biglietto, come nei bangi dell'autogrill. Le sale d'attesa per i colloqui han tutte lo stesso sapore. Dondola le gambe accavallate, si mette apposto la giacca. E attende. Come si attende? Non si sa tra quanto la chiameranno. Perché devi sempre aspettare a dei colloqui? La gente sembra lavorare un sacco lì dietro ai banconi e alle porte chiuse. Vogliono forse farti sentire male perché tu un lavoro non ce l'hai? Cosa li terrà così occupati? Fanno quello che tu farai? Ci sarà quella che tu sostituirai? Ci sarà la macchinetta del caffè o ci si potrà portare la moka elettrica? E la pausa pranzo?
Arriva una signora d'ufficio con una camicia da ufficio e dei pantaloni da ufficio. Erica pensa che il vestito a fiori triste non è forse adatto e che forse è l'ultima volta che potrà metterlo in quel posto lì.
Le chiedono le solite cose, risponde le solite cose, sorride, e quando non lo fa si lecca i denti per sapere se c'è ancora del sangue lì. Il posto non le piace, non gliene mai piaciuto uno, ma non le importa molto.
Le dicono un sacco di cose che lei sa già di cui l'ultima è "le faramo sapere, sarà contattata dalla segretaria".
Erica saluta, sorride, stringe le mani, si lecca i denti.
Erica sa già che non ha nessuna possibilità.
Corre veloce in bicicletta, gira a destra poi a sinistra poi curva bruscamente, per poco non cade, il palazzo giallo, quello rosso e rosa e ancora giallo, poi calcestruzzo e operai che urlano qualcuno le fa un fischio lei sorride e li manda a fanculo, poi pensa che bello qualcuno che fischia, poi pensa che schifo e sente ancora sangue in bocca. mette la giacca nel cestino e pedala e pedala. prende una buca perde la giacca frena scende per raccoglierla ma una macchina l'ha già calpestata la tira su di corsa ed è marrone, le viene da piangere, poi ride e riparte. Ride a denti larghi senza badare al sangue.
Ride e pedala e pedala. Arriva. Frena parcheggia lega la bici. Si siede.
Erica è esausta.
Arrivo. A piedi ascoltando musica triste. Mi tolgo le cuffie, le faccio un cenno di saluto, mi vede e mi sorride. Vedo del sangue. Glielo dico.
E inizia a raccontare.



6.15.2012

ogni giorno


La cultura non paga e se t’appaga non ci paghi il pane
Che i soldi non crescano sugli alberi ormai è risaputo
Ne volevo una borsa e mi accontento di un portamonete
Con le monete da due cents
Da due cents

Suoniamo valzer tristi ladomenica sera in balera
Con le nostre perline ci hanno fatto anche dei lampadari
Ti affoghi nel mojito scaduto mentre ci vediamo e hai ricominciato a fumare
Hai ricominciato a fumare

Parole che a vuoto girano nell’aria e come un motore ingolfato non la smettono di sussurrare
Era meglio morire da piccoli
Era meglio morire con i sogni in tasca come i grandi poeti
Era meglio morire in croce
Da eroi di oggi e di ieri
Era meglio morire in un incidente, di colpo, senza rendertene conto
Di una malattia devastante che non hai parole per dire che ti dispiace
Era meglio morire una volta
Una volta sola
Anziché morire a piccoli pezzi, a piccoli prezzi, ogni giorno

Ogni giorno.

6.07.2012

cose schifose random per gradire una giornata uggiosa

queste scarpe mi stanno strette, ma il colore è bello...è bello no?
ti guardo di sbieco che mi guardi e annuisci con i capelli che ti toccano il culo.
cioè, non te l'ho chiesto, ma avrei voluto, tanto, ma quango caghi come fai? devi stare attenta...non solo tu...tutti quelli che hanno i capelli fino a lì.
è bello no?
no. ti fa cagare, ma non me lo dici, annuisci pulendoti un po' il naso e quel che sta colando.
mi dici, che schifo, il colore? non è bello allora? no
no.
non il colore, no. che schifo. questo.
è sangue.
il sangue non fa schifo...sa di metallo, ti dico.
mi dici, sei scema, mi dici, sei fuori, ma hai leccato il sangue?
sì...perché te no?
cioè, tu, capellialculo, mi dici che non hai mai leccato il sangue?
ti sei mai sbucciata un ginocchio? tagliata un dito per sbaglio?
sì...mi dici, ma non mi son mai sognata di leccare il sangue! che cosa schifosa!
sarà, ti dico, ma poi penso, e non te lo dico, che l'hai fatto anche te e sei troppo perbenina per dirmelo, comunque, non fa schifo sa di metallo e puzza un po'. ti do due informazioni gratis che poi le sai già ma faccamo finta di no.
che schifo! ma quello del naso è diverso! mi dici
diverso. come diverso. diverso da cosa? sarà venoso...o arterioso?
e anche se fosse di vena o d'arteria che differenza farebbe, mi dice, fa schifo uguale.
ma è uguale o è diverso?
deciditi, le dico, sul fatto che fa schifo l'ho capito.
non capisci...quello del naso può avere del muco.
e quindi?
intanto io voglio prendere queste scarpe strette che il colore è bellissimo.
ma tu niente sei impegnata con il sangue. e c'è del muco! guarda! che schifo!
il muco o il sangue?
tutte'edue. insomma.
davvero? ma tipo non hai mai guardato nel fazzoletto quando ti soffi il naso?
no.
ma va.
no.
manco per vederese è verde malattia marcia, giallo bronco andante, o trasparente uscita senza sciarpa?
no.
ma va.
ma che schifo! ti pare? NO.
mai mangiato una caccola?
...le scarpe le compri?
mi sono strette ma il colore è bello...non è bello?
ma...
sì ma le caccole allora?
cosa?
mai mangiata una?
no.
ma va.
no.
non te lo ricordi
me lo ricorderei
è una balla. i bambini le mangiano. tutti i bambini. è normale. fa parte delle robe che si scoprono
i bambini si mangerebbero anche la cacca e la pipì. cioè devi pur sapere se una cosa ti fa davvero schifo o meno.
ma quanto fai schifo anche te?
capellialculo è disgustata.
poco da fare.

che non sia figlia del dottore non importa, ma queste cose no.
sia mai.
come ti permetti di chiederlo? mi chiedo e mi rispondo che c'est la vie.

comunque sì le caccole io me le son mangiate. come tutti.
non fate i timidi.

6.05.2012

expat saga ep. 9 o delle inutili conclusioni


c'è un tempo per andare.
e uno per tornare, anche se questo tornare sembra più un andare al contrario...indrioman.

mi si chiede se dico balle, di come vanno le cose in italia, enfatizzo la realtà, forse, non può essere così tremendo.

no, non può essere, avete ragione, è peggio.
peccato mi manchino le parole in altre lingue per definire ciò che vedo e provo, ogni giorno, ogni fottutissimo giorno che passo in questo mondo malato, in una terra a forma di stivale, credibile come la neve a giugno.

come ve lo posso spiegare?
al contrario.
il contrario è che mi si dice, che devo tenerlo a mente, che l'america non esiste.
negativizzare con lo scopo di farmi tenere i piedi nelle mie scarpe.
vi darò ragione, perché so, che anche voi, che vi sognate, vi dite, e poi ci credete, di dirmi che l'america non esiste, vivete nel paese sbilenco.

voi, sbilenchi abitanti tristi, avete mai provato, non dico per tre giorni all'anno, vivere in un paese che non ha la forma ridicola?
non è meglio o peggio. è altro.

vi mancherà il cibo. ma volete vivere in una scarpa solo per il contenuto, ridicolo, che la circonda?
vi mancherà il caffè.
le donne, ohhhhhhhh le donne.
vi mancherà essere superiori, migliori, più forti, fighi.
vi mancherà fabrizio corona, la canalis, raffaella carrà. 
cocaina a colazione.
grappa con il caffè.
far fare i mestieri alle donne.
orari prestabiliti per pranzo e cena.
uscire per bere un buon vino.
vi mancherà la palpatina nei mezzi pubblici. 
il non ballare in discoteca.
ridere di cose tristi, avere amici inutili.

io non vi giudico, davvero, se vi piacciono queste cose. a me va bene che a voi piacciano.
io sono quella sfigata che non va in disco.
sono quella strana perché mi azzardo a dire cose "femministe", ma sono strana perché non sono femminista.
sono pazza per le mie azioni insensate
non mi capite, mi va bene, davvero.
forse una volta vi odiavo, forse. in realtà non ci capivamo, e va bene, davvero.

negativizzate, relativizzate, fate quel che vi pare.
rimarranno ancora sbalorditi a saper come vanno le cose, a sentirmi dire che non lo so al sud, io non ci sono nata, non ci ho mai abitato, non lo so davvero, rimarranno a bocca aperta a sentir dire che bella figura si fanno le donne in italia, che bel rapporto uomo donna esiste, che la mania del sesso è ovunque, che se non è sesso è calcio, e che no, non può essere insieme. sarebbe come mangiare salame sopra al corano, o qualcosa del genere.









5.25.2012

come fare per avere i regali della nectar

io ti vedo nelle foto. ti vedo che sorridi ma i tuoi occhi dicono altro, dicono, portami via abbi pietà.
fingere, fingere a metà, solo parte del corpo finge, un sorriso tristissimo, degli occhi spenti a guardare l'ultimo bagliore che se ne va.
e non sei triste.
lo so.
fuggire stando fermi. immortalare l'attimo dell'uscita di scena.

io mi chiedo cosa aspetti? non ti tenderò la mano. non ti farò venire via con me. non mi renderò complice di questa tua retorica felicità.

i miei piedi penzolano seduta sulla panchina del tempo che ti rimane.
non puoi parlare, sorridi, sbadigli, linguacce, occhi chiusi, salti, ondeggi, le mani che salutano.
un valzer che non termina più insieme a tutto ciò che non puoi dire, che ti vieti anche solo di pensare.

sorseggio il tè mentre chiudo anche l'ultima pagina di quest'album dedicato alla reciproca indifferenza.


5.22.2012

Confessioni di una mente pericolosa [cit.] o del moralismo che non vale più



Da quando qualcuno mi ha detto che esistono programmi per ascoltare ciò che uno dice senza che il telefono stia chiamando...ecco io per parlare dei cazzi miei, quelli veri, per essere tranquilla, lo spengo.
Non so quanto funzioni o se funzioni, ma mi sento meglio così.

Le confessioni sono qualcosa di tremendamente cattolico. Ora che ci penso, mi disgusta un po' il concetto ma è tutto quello che il mio vocabolario mi fornisce al momento.

Ho avuto modo, oggi e solo per oggi, di riflettere sull'importanza del condizionamento sociale, sulla pressione sociale, sul perché facciamo quello che facciamo e dove sta la moralità?

Cos'è la morale? E quanto serve?

Cos'è? Non lo so. Non ho voglia di definire qualcosa che, sinceramente, mi fa incazzare.

Oggi ho pensato che viviamo la vita guardando film, facendoci dei film, e quando si ha l'occasione buona, quella da film, la sprechiamo. E poi diciamo che abbiamo una vita noiosa, monotona, triste, ma che in fondo, in fondo in fondo, siamo felici.
NO.
Scatenare l'inferno è tremendamente faticoso, è tremendamente difficile. Lasciare la strada conosciuta, triste, infelice, misera, per quella nuova che potrebbe, potrebbe eh, essere qualcos'altro...beh NO. Eccolo il condizionamento.. “è sbagliato” ti dicono, è sbagliato scaccolarsi...è sbagliato rumoreggiare bevendo una bibita ghiacchiata...fare sesso per il piacere di farlo...e poi? Quante cose sono sbagliate? Quante cose ci dicono che sono sbagliate. E noi, tutti, ci crediamo.

Ecco NO. Davvero.
E non lo dico perché mi piace andare contro corrente. Ho pur io una mia etica, ma la morale no.
La pressione sociale NO.

No perché ci fa credere che tutto sia sbagliato e che il giusto sia solo quello che gli altri dicono essere. E così ci si sente in colpa (colpa e confessione vanno a braccetto). E così ci si sente miseri, ma dato che sentirsi miseri è socialmente accettato, si continua per quella via, convinti che ci faccia bene, perché si fa così, perché è GIUSTO così.

E allora no. Davvero.
Non è giusto così. Se ti senti una merda, ierioggidomani, no, amico non è giusto così.
Se ti va bene perché ti hanno detto che ti deve andar bene, No, non è giusto, per niente.
Se...se e se. NO.

NO.

Ci ho pensato e sono giunta a NO. E moralmente giusto o meno, sinceramente a me non me nefrega un bel niente. Lo so che ci provate da anni a farmi entrare nei vostri calzini e scusate se io mi ostino a camminare scalza, scusate, ma visto che ancora non vi ho ammazzati, né grandemente feriti, potete, per favore, farmi fare quel cazzo che mi pare?

Amico. Per favore. NO. Niente morale. Vai. La vita è una. Davvero. Non stare a sentire né quelli che ti dicono di non buttarti, né quelli che ti dicono di buttarti, come me. C'è altro da ascoltare, e quello sei tu... solo che riesci a farlo al di fuori dei condizionamenti? Riesci a farlo in nome del tuo benessere? Riesci a farlo fregandotene del fatto che sia moralmente accettato?

5.21.2012

del terremoto e del terrorismo ma anche ep. 8

tu credi che le stagioni passino senza dare più grandi scossoni
e poi sono giorni, giorni e notti, di grandi palpitazioni

trema la terra che non ti bastano le metafore per spiegarlo e ti viene solo una parola in mente
terremoto

metti in fila un pensiero e t'allontani dal banco
mentre io che son lontana mi godo il freddo di maggio
guardando con occhi tristi le nuvole che vanno e vengono

il mio paese è triste, ogni giorno ne capita una
le chiamano calamità naturali
le chiamano cose che noi non sappiamo
le chiamano con nomi inappropriati

il mio paese è morto e non c'è una cosa che mi piaccia poi molto
tranne il caffè riscaldato della moka da tre che sibila e traballa nella sua eruzione mattutina
tranne che ci sono dei monumenti, che poi non ci sono più, che poi io non li capisco non ne so niente
di arte
di storia dell'arte
non ho la sindrome di stendhal

il mio paese è malato vomita sentenze alle 5 del pomeriggio con la cipolla che aiuta a farti il cuore triste
non tanto per quel che capita quanto più per la tristezza che ti trasmette la tv del progresso

e qui, qui che a maggio è novembre, che al tempo dei vespri le piazze sono vuote
che il caffé non è caffè e il cibo è plastica e aneddoti
qui che si paga per respirare
che l'università è per ricchi
che se sei della working class fai prima a suicidarti
che se sei della working class l'unico modo che hai per affermare te stessa,come donna,
è
fare un figlio
a 13 anni.

due scarpe non bastano, due piedi non bastano, due occhi non bastano, due mani non bastano

potrò andare ovunque nel mondo e sentire che qualcosa manca
sentire che tutto ciò che mi porto dietro è subdolamente dato per scontato ma inutile
e anche parlare non basta
scrivere non basta

sedersi su una panchina vuota e condividerla chi vive avvolto nelle coperte con il naso rosso dal troppo vino e le mani bianche dal troppo freddo mentre aspetta un caffè a riscaldargli la giornata


5.20.2012

le parole che non ti ho detto [cit.] i numeri che non vi ho contato

1
gelato alla fragola e cioccolato che cola, sfogliando una rivista della pimpa con il vestito a fiori rosa e rossi e i capelli a caschetto, sorridendo fortissimo, urlando pianissimo

2
salto, corro, salto, corro, salto, salto, salto. lo prendo fiduciosa, un braccialetto verde che non va via, scritte sbiadite, parole ingiallite

3
sbirciare bisbigliando, annuire a quel che altri dicono, chinare il capo contemporaneamente. uscire senza speranze a cavallo di una bici malata

4
le parole che non ho detto, il male che mi hai fatto

5
ritagliare pagine desuete seduti con i piedi penzolanti dietro barriere visibili e invisibili, e aspettare un treno

6
un cassetto troppo alto in una notte afosa in cui riporre l'ultimo dei desideri, rubare uno scatto e conservarlo in eterno, lasciare un oggetto laddove non verrà ricordato

7
feticismi dell'ultimora fingendo che tutto sia normale, che io sia normale, niente non va, siete voi quelli sbagliati

8
tornare a perdersi e ritrovarsi invece laddove ci si era persi. voler essere altrove non sapendo di essere nel posto sbagliato al momento giusto

9
è freddo ma mi ci tuffo lo stesso. stringo qualcosa che non posso neppure afferrare

0
gelato e non capisco più che abbinamento sia fragola e cioccolato.

5.03.2012

Rincorrere bus ep.7

Il tempo e i bus sono la cosa più esilarante del momento.
Insieme poi il massimo.
Aspetti l'autobus sotto una pioggia che va a caso e ovviamente senza ombrello. Figurarsi, inutile.
S'avvicina una signorina di tutto punto. Mi dice "Piove". Ma va? Penso.
Non me ne ero mica accorta che piove. No.
Dice "eh ieri c'era sole". Ah ma va? Neanche di quello mi ero accorta. Che cos'ho che non mi accorgo del tempo?
"Prego"..mi fa per salire in bus mentre sommersa da buste della spesa cerco monete per pagare che sia mai dargli un pezzo di carta...il conducente ti si rivolta contro manco gli avessi dato del cornuto. No prego lei, signorina. Va. Mi siedo...non in parte, sia mai. Davanti. E riattacca. Il tempo. Piove. Dicono che non smetterà fino a giugno. Io dico, a giugno non ci sono mica, lei dice, ah che peccato, veniva il sole veniva a giugno!
E invece siamo a maggio e mi tocca tenermi il cappotto mi tocca.
E bere cioccolata calda alle 10 di sera perché mi congelo. E mi viene da ridere. Gente che mangia il gelato.
Perché si parla così tanto del tempo? Perché, penso, cos'altro ti vuoi dire? Già è tanto. Penso.
Penso che al massimo in bus nelle varie peregrinazioni mi è capitato di ricevere qualche pestone, una toccatina al culo, un po' d'ascella in faccia, qualche urla, sputacchi vari, bestemmie al telefono, bestemmia all'autista, gente che cade a causa di frenate, ritardi improponibili. Ecco quando la vita va così ne hai da parlare per 10 anni. Ma qua...al massimo ti becchi l'ovvietà che "piove".
Rendiamo grazie alla pioggia.


5.01.2012

Lettera aperta agli umani votanti sui Sinti

Cari umani,
vi scrivo con un po' di ansia e spero che capiate la mia concitazione.
Voglio parlare a tutti, userò il linguaggio più semplice che conosco. Quindi scusatemi per aver detto concitazione e dirò "sono un po' in ansia e con il nodo in gola".

In Italia è tempo di elezioni, di voti, di preferenze elettorali, di scegliersi la politica. Io non ci sono.
Ma gli stranianti messaggi elettorali mi arrivano fin qui.

Vi scrivo umani perché vi voglio parlare da umana.
Non so se ci siano altri umani che spendono due minuti per farlo con voi, ma io mi ci metto d'impegno.

Sono nata santommasa. Penso che questa cosa sia vista da molti come un difetto. Ma a me i difetti e i pregi non interessa. A me interessa scoprire le cose. Indagare di persona. E studiare. Tanto. Mi interessa farmi un'opinione e un'idea solo dopo averci messo naso, faccia corpo e tutto nelle situazioni.
Faccio questa premessa perché penso sia fondamentale per essere umani e sentirsi tali e potersi chiamare con questo nome.

Ve lo dico perché non mi sono mai accontentata di quello che scrive tizio o dice caio. Voglio andare io di persona a vedere come vanno le cose. Ho rischiato le botte qualche volta, ma in realtà umani vi dico che la maggior parte delle volte rischio solo di avere amici in più che riempiono la mia rubrica telefonica.

Un giorno ho pensato di dover dare una chance della mia santommasità ai Sinti. Sapete quante cose scrivono sui Sinti vero? Alcuni di voi li conoscono con il nome "nomadi" altri li chiamano "zingari", nel mio dialetto li chiamano "singani". Giusto per chiarire, ma solo sono nomi, ma anche i nomi sono qualcosa.

Allora umani...per quanto riguarda il chiamare i Sinti nomadi vi ingannate un po'. Il nomadismo non è più cosa per nessuno da diversi anni. Spostarsi per 1 2 mesi all'anno è cosa che fanno un po' tutti. Ma non penso che voi umani gagi vi definiate nomadi perché andate in vacanza in Grecia per 2 settimane...vero?
Quindi no, i Sinti sono stanziali. Si dice così. Vuol dire che stanno fermi per la maggior parte del tempo nello stesso posto per tutto l'anno per molti anni.
Quando leggete nomadi sul giornale pensateci su una due volte.

Poi sulla parola zingari io sorvolerei. Non che non sia interessante per carità, ma l'escursus storico sul significato non è sede. Poi già ho scritto escursus, eviterei di andare oltre. Semplicemente è una parola brutta. Un po' come terrone per riferirsi agli abitanti del sud italia. Non è carino vi pare? Lo so che non abitate voi umani italiani in una terra nota per essere politically correct, che vuol dire essere politicamente corretti, non corrotti, ma vi chiedo uno sforzo. Ve lo chiedo perché siete umani e non polli quindi penso che per 3 minuti possiate riuscire a non farvi passare brutte parole per riferirvi a un altro umano come voi.

Nota per i più scettici. Non vi sto trattando da imbecilli. Lo so che qualcuno l'ha pensato. Per fugare ogni dubbio vi dico che anche io ho alcuni pregiudizi. Non sarei umana a non averli penso. Ma penso anche che me li abbiano insegnati, come mi hanno insegnato a parlare o a scrivere quando avevo 6 anni. Fa parte del mio bagaglio culturale personale. Non mi piacciono, cerco di evitarli. A volte però cado in trappola, senza saperlo. Però ci rifletto. Riuscire a fare questo sforzo due minuti? Ripeto che il rischio è in positivo spesso. Quasi sempre.

Circolano tante notizie sui Sinti. Vorrei chiedervi se ne conoscete uno. Uno per nome. Non come "quello che..". Come si chiama proprio, di nome. Niente? Va bene. Le notizie che circolano sono del tipo che "i nomadi rubano", "sono sporchi". Cose così. Vorrei dirvi che quelle non sono notizie. Al massimo è gossip, ma purtroppo in realtà sono solo pregiudizi e stereotipi. Ci son ricascata nelle parole difficili. Allora vi dico che sono bugie. Come è bugia dire gli italiani (che poi comprendono anche i Sinti i Rom e un sacco di persone che sono nate qua etcetc) sono bianchi, sono cattolici, sono mafiosi, sono bassi.
Adesso è anche vero che qualcuno è una o tutte le cose. Però bisogna anche prestare un po' di attenzione. Insomma bisogna anche perderci due minuti a scoprire le cose. Perchè se il giornale mi dice che i nomadi sono ladri io poi penso che in carcere i ladri siano tutti nomadi oppure penso che sono tantissimi i nomadi perché tutti ne parlano e quando tutti ne parlano allora sono tantissimi. Ve lo siete chiesti quanti sono?
Forse no...allora vi chiedo...secondo voi quanti sono? Sparate un numero. Non so cosa avete risposto ma tiro ad indovinare avete detto... 2 milioni? 1? 4? 500.000?
No. Niente di ciò. Sono tanti quanti i cittadini di Piacenza + quelli di Rovigo. Circa 170.000.
Per farvi un esempio, facile, son quasi sicura che un albanese o un rumeno lo conoscete per nome. Magari è un vostro vicino. Son sicura perché anche loro sono ladri, secondo i giornali, ma sono di più quindi vi sarà capitato di conoscerne alcuni.
Qualcuno starà già dicendo "ma quelli che conosco io non sono ladri". Ci scommetto. Perché siamo umani.
Già.

Magari adesso tornate a pensare se conoscete un Sinto. e deve essere Sinto e ladro. Ma è uno. Uno statisticamente parlando non vale granché. Uno su uno che conoscete farà anche 100%, ma cosa mi dite degli altri 169.999?
Ci vuole tempo a conoscerli tutti. E vi dico che in effetti si fa prima ad ascoltare il giornale che ad essere santommasi. Ma quello è il mio mestiere non vi sto dicendo "andate a conoscerli tutti e poi tornate con le statistiche" no. Vi volevo far riflettere un minuto. E ve l'ho già detto qual'è il rischio.
Poi lo so che non è nè questione di numeri nè di statistiche. Dovreste saperlo anche voi.
Vi dico che io sono ancora viva, ho ancora il mio cellulare, il mio pc, e quant'altro, pur conoscendo Sinti. Conosco anche rumeni ed albanesi e nessuno mi ha mai stuprata. Ve lo volevo dire per tranquillizzare chi di voi è ancora con il naso sul giornale e pensa "sei stata fortunata". Mi spiace umano che lo dici ma io non credo alla fortuna. Da santommasa mi son presa la briga di parlarci con questi umani, da umani, con problemi da umani, tipo il mangiare, bere, espletare i propri bisogni, e cose così. Ma poi ho anche parlato di altro, perché quelle tre robe lì sono anche da animali. I cani non parlano ma se lo facessero vi direbbero quanto schifo fa la bustina del cibo e che devono andare a fare la pipì adesso ora subito datti una mossa ad aprire la porta. Quindi siccome io mi reputo umana e se scrivo e voi leggete vi reputo allo stesso modo ho anche parlato d'altro.

Tra le altre cose di quanto siamo stupidi noi gagi, ignoranti, sporchi, bestemmiatori, arroganti.
Sì. E diciamo sempre che dobbiamo andare al bagno.
Qualcuno mi ha detto "ma tu no". Certo. Io no.
Ci sarà qualcuno che, ma io no.
Poi ho detto che io veramente bestemmio e che veramente dico quando devo andare al bagno. Non ci avevo mai pensato. Grazie per avermelo fatto notare, ho detto. Prego. Mi ha detto. A voi lo dico perché fa ridere. Vi farà pur ridere no? Ma son sempre stereotipi. Mia nonna mica lo dice quando deve andare al bagno. Sei matto? è vergognoso dirlo.

Poi ho preso un giornale. Io ridevo. Qualche Sinto si è un po' arrabbiato/a per quello che c'era scritto. Poi abbiamo riso perché erano bugie e ci siamo bevuti un caffè.
No per dire i giornali dicono un sacco di cose no? Mica son vere. Lo dicono per vendere, sai com'è devono pur campare i giornalisti. Ma sono umani anche loro. Son sicura che se mi ci metto da santommasa un caffè esce fuori anche con loro.

Ci proverò.

Con affetto,

L'umana

4.29.2012

polli

polli wants a cracker.

sì polli.

polli vestito da pollo.

polli in vetrina.

polli tandoori.

è tutto un pollo.

ho dovuto sbatterci il naso contro per capire che dentro quel costume sudato non c'era uno che faceva pubblicità all'ennesimo baracchino di pollo fritto ma uno che andava a ballare insieme all'amico banana e a supermario.

potevo aver bevuto. e no.


4.28.2012

Personal Space. ep. 6

Che cos'è lo spazio personale?
Domanda che non mi sarebbe mai venuta in mente in Italia, lo ammetto.
Domanda che non mi sono mai fatta in giro per l'EU. Mai avuto bisogno.

Ma quando vivi per un po' in un posto dove le persone che ti passano a 20 cm di distanza senza sfiorarti nemmeno dicono "Sorry" un po' imbarazzate...forse è il caso che io mi chieda che cos'è lo spazio personale.

Io non so se son nata in un paese dove non esiste, se sia una cosa della mia famiglia e delle persone che conosco, o sia generalizzabile, non so. Io so solo che io, lo spazio personale, non so che sia.
Non so cosa sia il mio, figurarsi se so cosa sia il tuo.

Non è che non me ne freghi. Semplicemente è un concetto che non mi appartiene e che se anche me lo spieghi potrò far finta di capirlo ma non lo capirò davvero. Non son nata antropologa.
Quindi al massimo arrivo a capire che è meglio se ti cammino ad un metro di distanza. E che è meglio se trovo un posto vuoto del tutto in bus.
Non mi deve passare per il cervello di sedermi al tavolo con uno sconosciuto anche se il tavolo è per otto e tutti gli altri sono occupati. Meglio prendere un caffè da portar via.
Se non ti sento ti urlerò da un metro che non ti sento. Se il bus ti sta per prendere sotto mollerò un urlo, sia mai toccarti il braccio e fermarti.
Sia mai occupare il bracciolo di una poltrona dove sei seduto te, potrei arrecarti un danno psicofisico.
Se cadi non posso rialzarti, mi dispiace.

Sarò ingenua. Sarà che posso permettermi di fare quel che voglio perché mi metto al riparo dicendoti che tanto, sono pazza, no problem, sarà. Sarà che alla fine non penso che invadere il tuo spazio sia offenderti. Sbaglio. Lo so, ma sono pazza, te l'ho già detto no? Quindi non sono polite per niente.
Quindi se quando cammini io ti scontro, nel senso che ti cado addosso non che ti passo vicino, I'm sorry, I'm italian AND crazy.

4.25.2012

I won't surrender


I won't surrender - anche se ci provi a sconfiggermi

I will fight better - conosci il nemico per disarmarlo

you lock me out - si fa prima così

you knock me down - perché la forza è l'unica cosa che hai

but I will find my way around - per riuscire a uscirne

I won't surrender - fino alla fine

this is war - this is love

Di tutte le cose che ho provato a fare...non ho mai iniziato a gestire il nervosismo o la rabbia o il fastidio se non in modo "offensivo". Incazzarsi. è forse l'unica via per chi si sente predestinato all'ira.

Poi ho deciso che forse non ero proprio predestinata a niente. Quella è una cosa per religiosi. credenti. quello che è. Io no. Allora forse potevo fare qualcosa di diverso, per una volta. Provare. Per una volta.
Cosa mi costa provare. Tempo qualcuno dice. Come se tempo e denaro fossero davvero amici che girano a braccetto il sabato pomeriggio. Non mi costa niente, in denaro. Niente di più di quel che già spendo, intendo. Non un euro in più sulla bolletta del telefono. O per un caffè.
Non mi costa tempo. Perché quello lo sto impegnando già. Sempre che io sia una che crede anche a sta menata del tempo. E no. Quindi provare a prezzo favorevole, vedi alla voce gratis.
Non fosse che è uno sforzo immane.

Mettere in fila le parole giuste. Inoffensive. Sono incazzata. Adesso come si fa?
Come te lo dico? Non voglio offendere te, come sento che tu hai offeso me. Come sento che tu dai per scontate cose, io non vorrei farlo. Non voglio dare per scontato niente e non voglio comunicarti questo. Ma neppure che sono incazzata, ti voglio dire. Ti voglio dire COSA mi fa incazzare e PERCHÉ.

Questo è più di quanto io possa fare. Molto più che fregarmene. Fregarsene è il male di tutti. di tutta l'umanità.

Allora provo. Mi butto senza rete. Con parole che non sono mie pur essendo mie con una cautela mai usata. Con un'intensità e una concentrazione tale che il solo provarci mi procura mal di testa.

Poteva andare malissimo. La peggiore previsione, fregarsene, non s'è avverata.
A me già questo basta.

Mi son buttata. Ho fatto. Bene o male non mi interessa. Adesso, almeno, non son più incazzata.



4.21.2012

think less. ep 5 (?)


sono frustrata. lo ammetto.
corro per prendere il bus e quello non passa. perché vado in orario, mi chiedo, quando SO ormai, LO SO, che quello passa con 2 3 anche 5 minuti di anticipo. O si son tenuti larghi con lo scrivere gli orari, o niente è simpatia portami via.
Intanto piove. non c'era dubbio. bene.
aspetto. arriva salgo grazie e arrivederci. 2 fottute sterline e 30 per cosa 5 fermate? 6 forse.
cambia bus e compagnia. quindi ripaga il bigletto. 2 e 10. m'è andata meglio.
e poi un viaggio lungo una vita. a metà strada mi sento in un altra città...finisco in collina o semi collina. ci sono solo cavalli e le case dove son finite? poi dal nulla un centro commerciale. una vida di negozi. un distributore di benzina...sarò arrivata?
corro dal conducente, sikh, e mi vien da ridere. mi vien da ridere perché penso in italia non l'ho mai visto un conducente con il turbante. è bellissimo. il turbante.
mi dice no signorina non è arrivata. sono esterrefatta. penso che tra un po' vedrò la scritta "wales" o "ireland" o qualcosa del genere. non son convinta che il conducente abbia capito. lo chiedo alla vicina di posto. ma...mi dice "don't know". oh gosh. penso proprio OH GOSH e penso che sono idiota. cosa penso oh gosh a fare, cazzo. ma dove accidenti siamo? tornano i cavalli.
uno dieci cento. e due tre case. in fila. rosse.
mi dice di andare e scendere mi fa il segno con la mano. e dice quella è la scuola. grazie dico. e bye. i conducenti si salutano sempre. se non lo fai sei uno stronzo assoluto.
bene. ma io non devo andare alla scuola.
fermo la prima che passa.
mi scusi dov'è bahaha lodge. e lei lì...ma no signora accidenti quella è bahaha lodge ROAD. non è un palazzo è una strada. accidenti a te. capisco poco d'inglese mi sa o anche lei non è di qua. allora chiedo l'ufficio dei travellers, dov'è? EH? accidenti. non c'è il numero. solo il nome del palazzo.
non lo sa. mi manda a chiedere dal farmacista.
mi sento in un paese.
quando ti perdi e non sai qualcosa o vai dal giornalaio o dal farmacista o al bar. ma qua i bar non ci sono. e il giornalaio non lo vedo. sono in ritardo.
e se avessi sbagliato strada? tra lodge road, road, park road, park, drive, park drive...son sempre le stesse strade. metti che ti dimentichi di dire lodge  ROAD e dici solo LODGE finisci a un kilometro di distanza.
son sicura di essere fuori città. non può essere città qua. non dopo una fottuta ora di bus.
corro dal farmacista. e vedo un cartello. bahaha lodge. oh cazzo. era anche ora.
suono. no busso. con quelle maniglie di ferro che fa tanto medioevo. quella c'è.
ce l'ho fatta.
al ritorno ho un passaggio.
nel mezzo...più di quello che mi sarei aspettata di trovare.
un solo pensiero, ma io, che accidenti provo a fare con i prof delle università?

4.18.2012

del british caffè e del rovesciamento. ep 4

nelle tv italiane passa spesso una pubblicità con george clooney come protagonista. fa il figo. ma non riesce totalmente. è un po' una presa per il culo di george che ormai va per i 60 mi sa. o almeno è quello che vogliono farci credere. in realtà nella pubblicità la donna che lascia georgino nostro ad un palmo di naso altro non fa che essere vittima perenne della "fascinazione".

poi c'è st'altra pubblicità in UK. non c'è nessun george. solo una signorina intenta a sistemare casa perché sta arrivando qualcuno. entra il marito stropicciato. che va a preparare un caffè e torna adone. la donna è pur sempre vittima della fascinazione ma sta volta non ne è protagonista diretta.

due caffè, due uomini, due donne. il messaggio è circa lo stesso. uno è "non sei abbastanza giovane per me" rivolto al george e l'altro è "ridotto così non ti voglio manco per sistemarmi la lavatrice". la prima donna però se ne va lasciando georgino ad un palmo di naso. la seconda rimane a vedere la trasformazione del rospo in principe.
in entrambe la donna è la principessa. non se ne scampa.
non sono racchie. sono "normali". eppure a me mi fan nervoso tutte e due.

il problema non è avere l'uomo fascinoso che entra dalla tua porta quando meno te lo aspetti.
il problema è avere l'uomo fascinoso ANCHE essendo racchie. e mandare a farsi friggere georgino ANCHE essendo racchie.

paese che vai, disagio che trovi, mi vien da dire.
shame on me. come sempre.

4.13.2012

Che palle

"Why are you here?"

Non lo so. Me l'hanno chiesto in almeno 10 persone diverse.
Scegli un posto a caso. Giusto per...a me è capitato 100 volte.
Non penso di essere l'unica.
Non penso di avere niente di nuovo da dire. da dare. condividere. cosare.
Qui, o lì, cavolo cambia?

Incrocio gente con braccia stanche, facce tremolanti di vite strette. Incrociano il mio sguardo, annoiati, tormentati, con sorrisi inutili e vuoti.
Poi ci sono i burattini. Poi. Ma che me ne frega infondo di quei burattini lì o qui ovunque.

Hanno tagliato l'albero in modo brutale.  è mutilato. povero eucalipto. nessuno dovrebbe prendersi la briga di tagliare un albero a quel modo. cosa accidenti gli prende a questi tagliatori d'alberi?

La gente che litiga sul nulla del nulla per nulla. Che palle.

La gente.

Che palle.

Beviamo dei vini schifosi che non sanno di niente. Sanno di pietre rotolate nel fango. Sanno di bruciature di sigaretta, di moquette bruciata, di barbie cotte al sole. Però li beviamo e ahahaha. Ma un tappo a vite sul un dannato vino come cazzo si fa a mettere?! Non so niente di vini e di caffè. 
Mi va bene tutto.

Son pur sempre una donna. Non posso sapere ed avere niente di serio da dire. FIGURARSI.

Che palle.

Ho sentito una brutta canzone per radio. Non ricordo quale fosse ma era una cosa orribile. Che palle.


4.11.2012

And the winner is...

"Premio speciale della giuria.
Eggià, ve l'avevo detto no che avrei vinto solo quello.
Ci risiamo, ennesima volta ennesima, che vinco al massimo un nominato o un speciale di giuria.
Primo posto. Mai.
Ma manco il secondo.
Nel bene e nel male son sempre di lato, di traverso. C'è tutta quella gente che perde, perde con una capacità di perdere indescrivibile per me.
Cioè sono perdenti reali. Non vincono mai. Ma lo sanno. Partecipano per il gusto di.
Mi piace chiamarli amatori. Amatori di questo e quello. Discutono del loro "lavoro". Arrivano ultimi, o sedicesimi, e va bene così.
I primi della classe invece non li tollero. Sanno che arriveranno primi. E litigano anche per il secondo posto.
E poi ci sono io. Io non so perdere. Eggià.
Perdo nel modo sbagliato. Qualcuno mi nomina. Mi fanno i complimenti. Ma non è il momento. L'ora. Il tempo. Fuori piove e non è giornata. Sei avanti, sei indietro. Questo l'han già fatto. Meglio ovviamente (è sottinteso, ovviamente). Insomma io quando perdo non perdo di brutto.
Nel tal caso sarebbe bellissimo.
Se un giorno potessi essere ultimo...oh come sarei contento di me.
Invece no. Davvero. Ve l'avevo detto ma voi mi incitate. Vi piace vedere che mi colgono in fallo, siate sinceri, per una volta."



4.05.2012

regular as usual. episodio 3

Ci son due cose che mi inseguono, sempre, quando viaggio.
il tempo e il caffè.

il caffè è una costante dolceamara dei viaggi.
posto che vai caffè che trovi.
sembra l'argomento più interessante per lo straniero di passaggio.
alla turca, expresso riciclato, riscaldato, lunghissimo, amaro, stufato.
posto che vai, ore di conversazione sul caffè che trovi.
chiunque legga avrà visto e assaggiato sicuramente più caffè di me.
quindi se le banalità vi han rotto, fatevi una doccia calda e non pensateci più.
so che l'espresso è una chimera.
per me malata di riciclo di caffè va benissimo che manchi.
a me non manca.
ieri nevicava.
è aprile. non sono così tanto a nord. non mi aspettavo la neve. ma del tempo parlo poi.
dunque nevica.
ma qui è aprile, è estate, quindi perché mai attivare il riscaldamento?
penso sia una cosa di casa, ma anche nei luoghi pubblici lo lasciano spento (salvo nei bus).
mi serve un caffè salva pomeriggio.
o un tè.
ma non so cosa aspettarmi se chiedo un tè. non è un selfservice il bar della biblioteca.
devi interagire. con tutte le poche forze che hai, con il fiato ghiacciato in bocca, devi andare lì e chiedere un caffè. il tè no perché metti che mi chieda quale tè e io non capisca. insomma non voglio farmi figure. ci son solo studenti asiatici.
e l'unico non è il barista che dalla stazza e dal colorito e dal tono di voce non è proprio un immigrato dell'ultimora. non voglio chiedere un tè di cui non so che farmene. penso che non sono in italia e a nessuno verrebbe in mente di chiedermi un caffè come? insomma la trafila di richieste astruse sul caffè espresso non dovrebbe esserci.
che dovevo chiedere? a coffee? some coffee? come si chiederà? mentre son lì che cerco delle monete con cui litigo ogni giorno sparo semplicemente coffee...cioè anche l'asiatica davanti ame aveva fatto la stessa roba con un accento british perfetto e il barista era sereno. quindi coffee e bòn andrà bene no?. NO. mi dice akaopkhneakmshs regular? yes. non ho capito ma yes fai quel che vuoi tanto non me lo dai espresso quindi va benissimo. regular. chiamasi anche regular la pinta di caffè.
formato tè ma è caffè. benissimo. ho freddo. va benissimo il litro di caffè marrone chiaro bollente. sorrido al barista. thanks.
regular. ahksinslsjdns. o quel che vuoi.

il tempo.
la parola tempo ha troppi significati. mi piacciono le frasi come dai tempo al tempo o il tempo guarisce tutte le ferite. sono belle frasi e comode da dire con quella gente che conosci poco. non sa che dire e allora infili un non ci sono più le mezze stagioni (sempre tempo) o rosso di sera bel tempo si spera (tempo). molte di queste frasi riguardano il tempo.
il tempo è anche l'argomento di conversazione preferito con gli sconosciuti, con gli anziani, con le persone che non sono nel tuo stesso posto nel tuo stesso momento (tempo).
che tempo fa? mah piove, caldo, nevica.
nevica. già detto.
e poi c'è il tempo dell'orologio.
tira indietro un'h no mettila avanti. sono le 7 ma c'è già buio e con un'h avanti no indietro non si capisce più un cazzo.
tengo due orologi. e poi non li consulto. ho fame? mangio. sonno? dormo. tanto la biblio fa 24/24 quindi non devo preoccuparmi degli orari no? tempo.
chi ha tempo non aspetti tempo.
il tempo è denaro. in italia appena piove c'è uno dei migranti dell'ultimora che ostiniamo a chiamare vucumprà che sfoggiano ombrelli in tutti i colori possibili. per costoro il tempo è proprio denaro.
qua se inizia a piovere ti scordi i vucumprà. piove. piove. non è un problema questo tempo.
il tempo è denaro nel senso di chi ha tempo non aspetti tempo. e via di corsa. e who cares?.
mi manca il vucumprà dell'ultimora.
e il mio preferito ogni cosa ha il suo tempo.
c'è una stagione per i frutti e una per i fiori. una per le foglie per crescere l'altra per cadere.
lessi un libro che divideva il tempo in cavalli (se vi capita il libro è tre cavalli).
io lo dividerò in caffè. perché no?
c'è un tempo per l'orzo. uno per il caffelatte. uno per il caffé pasticciato e uno per il caffè amaro.

due argomenti di conversazione, una sola frase.
dono della sintesi, mai come ora.

4.01.2012

coal what? episodio 2.

in ordine sparso e casuale.
le improbabili comunicazioni gestuali.

albero, koala, recipiente a forma di ancora, coal. ovvio no?
sapevatelo che vendono migliaia di caminetti aperti da giardino per scaladarsi d'estate.
sono belli. chi se ne frega che fuori di qui sono inutili. ne voglio uno.

anni di lezioni di inglese, film e telefilm. buttarli al cesso quando un cameriere tenta di spiegarti in modo più veloce possibile le 10 diverse birre alla spina.
saper di poter muovere la testa per dire sì o no, è quello che ti svolta la serata.

fatti, non cazzate.
in auto rischio di svenire ogni volta che qualcuno sfreccia dal mio lato.
stare seduti senza il volante davanti. tentare ostinatamente di salire dal lato guidatore. senso di nausea ogni volta che si deve andare a sinistra a un incrocio.

mi abituo a tutto, in fretta, sempre e subito. dammi da mangiare quel che ti pare. da dormire dove vuoi te. un cesso qualunque. una doccia, possibilmente calda. e siamo apposto.

ma la macchina al contrario no. cervello non rimandermi secco.

ah la benza qua è a 1,333 circa. cioè a 1,60 circa. cioè comunque meno considerando che qua costa tutto un po' di più.
insomma bello schifo avere la benza a meno e dover girare contromano. che cosa inutile.

3.30.2012

l'improbabile saga di un expat. episodio 1.

gli italiani gesticolano.
penso sia l'unica cosa che accomuna me, un qualsiasi anziano della valtellina e maria dalla puglia.
sul caffè ho già scritto.
sul cosa NON mi porterei MAI via dall'Italia meno.
diciamolo. il formaggio. tenetevelo, TUTTO.
chiusa parentesi sull'italiano.
gesticolo. se non so bene le parole.
se le so ma voglio far notare "il punto"
o se ti voglio comunicare altro.
questo mio gesticolar furioso mi porta a fare conoscenze sconcertanti.

prendi oggi.
un'italiano x che arriva in areoporto. non sa da che parte girarsi.
in italia non ci sono indicazioni.
qua anche troppo complete.
allora gesticolo per cercare cose nella borsa o che ne so.
ho bisogno di sapere se questo bus va dove voglio io o no perché l'insegna dice una cosa e la fermata un'altra allora non so bene che fare.
se parlo inglese qui mi ridono dietro.
non ho voglia di farmi figure alla fermata del bus.
no.
poi quello di fianco a me risponde al telefono.
è notevolmente del bangladesh.
non che io sia razzista o robe del genere. ma anche lui gesticola ben bene in una lingua a me sconosciuta ma conosciuta.
il cingalese o singalese. lo riconosci se sai come fare.
sento che non può aiutarmi.
sono sconsolata nel ravanarmi nella borsa.
quando riagghianciando afferma un bel ciao.
e penso. ciao, ci siamo.
poi penso, ciao lo dicono tutti non fa testo.
ritorno a ravanare quando lo sento affermare con convinzione
madonna.

MADONNA.
deve saper l'italiano.

l'italiano impreca.
credente o no impreca.
sempre
e
comunque.

oh un bangla italianizzato qui.
fantastico.
tempo 10 minuti e so tutto
dove vive
con chi
da quanto
quanto costa la sua casa
dove trovo cibo a basso costo
dove non devo andare da sola di notte
il prezzo della benzina oggi in italia
come funziona il sistema scolastico inglese
la faccia di suo figlio
quanto paga d'affitto
il calabrese che gli ha fatto la cresta sul trasloco
i milanesi che non picchiano i bambini
che squadra tifano i miei vicini di posto
dove siamo ora

alla fine ne esco con 3 indirizzi.
2 numeri di telefono.
e ho l'impressione che nel mezzo abbia tentato di vendermi l'auto
una focus del 2001 con 83000 kilometri usata poco in città.
500 euro.
un affare, se volete.


3.26.2012

nemesi, o l'antimimesi, o hippopolla

quando in una casa quadrata trovi una finestra tonda può significare solo una cosa: qualcosa sta cambiando.
una volta sognavo case rotonde. a sfera non proprio, bastava cilindriche.
ogni volta che passo davanti ad un silos di pietra abbadonato penso che sarebbe bello viverci, come nei fari, e mettere i mobili al centro e correrci intorno.
per ora mi accontento della meno spregiudicata finestra.
7 pioppi, uno più basso degli altri, spuntano dai tetti. sono la greghetta delle stagioni della finestra.
suono e rumore. grigio e rigore.

ho collezionato pensieri tristi nelle scatole come si fa con le cianfrusaglie che non puoi buttare, i calzini spaiati dal '26, i pennarelli della giotto secchi del '95, i libri di scuola a 10 anni dalla fine dell'ultimo anno.
in ordine sparso, confusi, senza poterli ripescare se non ancorandomi a ricordi che dovrei ricostruire.
ho ritrovato un libro indimenticato che s'è dissolto nei giorni estivi.
devo averne persa qualche pagina in francia. lasciata lì a marcire sul bordo del fiume o mangiata dal pescigatto di turno.

mi piace pensare che qualcuno sedendosi su quella riva non pianga, ma trovi una pagina scritta a carattere 9, sbiadita e incartocciata dal tempo e si chieda da dove venga, dove vada, di che libro si tratti, sarà una storia triste o divertente, d'amore magari o un giallo.
mi piace pensare che quello che la trova conosca il libro. mi piace pensare che questo che conosce il libro pensi a uno che ha letto lo stesso libro come a un amico di libro. un amico lontano, sconosciuto, con cui condividere qualcosa. mi piace pensare che questo che la raccoglie se la porti a casa in ricordo di un'amicizia di una pagina. che la custodisca gelosamente dentro una di quelle scatole di cianfrusaglie e magari si metta a scrivere un post o quello che vuole un giorno su quella pagina di libro trovata in francia sul bordo del fiume.

io intanto son senza pagine di libro. e quel che rimane è un accartocciamento stratificato di unilità letteraria.
ho letto un  libro in lingua straniera, in 10 giorni. è tutto quel che rimane di quel libro.

non la storia del suo protagonista.
non la capacità del suo scrittore.

potrei dire lo stesso di hippopolla, o dell'ippaffa.
invece farò altro. magari un amico di ippaffa si farà vivo e mi sentirò meno sola.

o forse no.


3.23.2012

alla fiera dell'Est ho visto cose

ho imparato che se non sei cinico sei fottuto.
sarcastico.
irriverente.
simpatico, se e solo se serve.
duro.
incazzato.
ho imparato che nessuno ha fiducia in nessuno.
perché sei solo.
perché non la meriti.
perché sei fottuto, altrimenti.
ho imparato che se non sei competitivo sei fuori dai giochi.
spietato.
senza scrupoli.
fingere il sorriso.
ipocrisia o sei fottuto.
ho imparato che mentire è l'unica via possibile.
ingannare.
via l'ingenuità.
combattere.

se vuoi sopravvivere a scuola, tutto ciò è l'unica via.
nel lavoro, idem come sopra.
nella vita con gli "amici", idem con patate.

ho imparato, perché me l'hanno insegnato, a essere una persona di merda.

un giorno ho deciso di dare fiducia a chi meno se la sarebbe meritata, secondo i legittimi insegnanti della disciplina del punisci e controlla.
ho deciso di non fare tesoro di questi insegnamento e provarci.
temevo di sbagliare, temevo di dover tornare a dare ragione ai temibili maestri.
ma non è accaduto.

dai e ti sarà dato. che sia fiducia o un sacco di patate, legittimi maestri per quel che mi riguarda continuate pure a dirmi cosa devo fare per non essere fottuto, ma dato che potrebbe piacermi, non vi preoccupate se non vi ascolterò.

3.20.2012

moltiplicazioni e replicanti

oddio.

no aspetta.

CAZZO.

sapevatelo che ci sono ogni anno sempre più laureati in psicologia in Italia. (statistiche alla mano. cercatevele, pigri.)
sapevatelo che ognuno vuol """"""""""""""""""""curarsi"""""""""""""""""" da sè. la matematica a sta gente fa un baffo. voglio dire. 3 anni di triennale che se ti va di culo la paghi diciamo 700 euro l'anno x 3 = 2100 più tasse laurea fai 2300. se ti va di sfiga sono ALMENO 1500 euro all'anno. alle private non lo so. non mi interessano.
2300 MINIMO. ora quante sedute ci paghi? facciamo una media di 100 euro a seduta (sono buona). 2300/100 fa? 23. mezzo anno di sedute.
consideriamo ora i """""""""""""""""problemi""""""""""""""""" dello studente medio di psicologia: "credo di essere empatico". cocco, hai sbagliato. sei solo "un amico" qualunque in un momento qualunque. "gli altri non mi capiscono". certo hai 19 anni, cosa cazzo ti credi di essere uscito dal periodo "blu" della tua vita? "posso capire gli altri". beh potresti sempre fare un corso avanzato di tarocchi, o di lettura dei fondi del caffè professionale. credimi massimo risultato col minimo sforzo. se hai un """""""""""""""""""""""""""problema serio""""""""""""""""""""""" non ti iscrivi a psicologia. no. ti fai di cose pesanti. LO SO io. LO SAI TU.
abbiamo troppi psicologi che si auto curano un male che non esiste. indi.
abbiamo sempre più mali inventati da curare.

sapevatelo.

e poi. ci son sempre più scrittori.
il parogone mi sta distruggendo. ti scrivi addosso, di te stesso, un po' come lo psicologo che si auto cura. credi che se te lo scrivi da solo quello che vuoi leggere poi quando lo leggi starai meglio e penserai che "finalmente qualcuno che scrive come vorrei". NO. invece.
si chiama logorrea.

questa parola, logorrea, l'ho imparata consultando il dizionario treccani un pomeriggio uggioso. apri a caso e "logorrea" mi dice mia mamma, "cosa vuol dire?". diarrea del logo.

diarrea del logo.

sapevatelo.

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