11.28.2011

Ezio e Chiara

piove sul binario 9. vuoto.
le pietre, erano bianche, nerastre ora per via del passaggio sconsiderato delle carrozze, si colarano di rossoviolageo spento, è l'acqua pregna di smog.
una foglia di platano, ricordo dell'autunno, giace inerme sul fondo umido del binario 9.
voci fresche attraversano veloci la carrozza 4, prima classe, declassata a seconda.
Ezio, nel togliersi il cappello con la pelliccetta blu scolorita dagli anni, guarda quei visi, con i loro colori addosso, allontanarsi. Il suo sguardo, più lento di quei corpi, non riesce a sguirli fino alla fine del corridoio.
rassegnato punta verso la sua giacca impegnandosi ad aprire la cerniera che ha perso ogni forza e non gli pone più resistenza.
Al binario 7 il treno è appena partito, mentre tutti i passeggeri sono in attesa all'8, bloccati nei loro sedili, già scelti.
Ezio sente il treno scuoterlo e si sveglia di scatto, si pulisce gli occhiali con il fondo blu del suo maglione di lana, si guarda le mani, ma non le vede, appoggia con lentezza, ma con gesto preciso, i suoi occhiali sul suo naso e la guarda, la vede. Chiara è seduta di fronte a lui, con il suo abito viola di calda lana, le ginocchia incrociate e scoperte, ondeggia il piede sinistro leggendo il suo libro in inglese.
Ezio è smarrito, interroga se stesso su questa giovane donna. Quando è salita? e quando si è seduta? possibile, si ripete sconsolato, che mi sia addormento per così tanto tempo. tra sè e sè fa spallucce e con mano veloce si manda a quel paese, guarda fuori dal inestrino, ma non vede a causa della sporcizia accumulata sul finestrino e sui suoi occhiali.
Chiara era intenta ad armeggiare in modo passivo con i suoi capelli lunghi, mentre leggeva qualche pagina in inglese dal suo libro con la copertina rovesciata, l'angolo destro morso da un roditore, il bordo stropicciato e opaco, come se fosse stato per lungo tempo alla mercè dell'acqua.
Di certo Chiara in quel momento era totalmente assorbita dai discorsi geopolitici del  libro, incurante delle condizioni dello stesso. Il vestito aveva maniche larghe che le si arrotolavano fsino al gomito mentre teneva il libro n altro, con la mano destra, le parole sospese davanti ai suoi occhi. Ispirata da quelle pagine prese a dondolare più velocemente il piede e a liscarsi i capelli tra le dita ossute della mano sinistra. Il corpo era stato inghiottito dai sedili verdi di quella carrozza declassata.
A Ezio dondolava la testa a ogni traversina sgangherata su cui il treno poggiava. Gli occhiali gli scendevano un poco sul naso, ma alla traversina sucessiva ecco che si ritrovavano apposto. A lui doveva essere sembrata un'eternità quella passata a dormire, dacché ogni volta che riapriva gli occhi guardava, senza mettere a fuoco, Chiara, con rinnovata curiosità e tornava sconsolato al suo pisolino.
Aveva smesso di piovere, e le gocce, troppo poche, avevano depositato sui finistrini già provati, uno strato di polvere nerastra che andava confondendo con la coltre di smog e nebbia che ricopriva la pianura.
Chiara alzò gli occhi un istante dal libro, si concentro per guardare attraverso il finestrino opaco. Nei suoi occhi si leggea la lettura mentale del suo archivio privato, cercava un segno, uno qualunque, in quel paesaggio, che potess farle capire in che posto si trovasse in quel momento. Al limitare della foschia, l'emersione di una torretta desolata, parve dare un significato quasi sacro, soffiò col naso, quasi a congratularsi con la sua memoria e tornò al libro.
Quando il treno si fermò nè Chiara nè Ezio, ormai addormentato, se ne accorsero, entrambi assorti nei loro mondi privati.
E così quando un nuovo passeggero si sedette di fianco a loro ingombrando anche il quarto posto con il suo bagaglio, i due non si scomposero, lasciando al passeggero il tempo per un pigro sorriso di saluto che presto si trasformò in una smorfia, cogliendolo impreparato all'indifferenza dei suoi compagni di viaggio.

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