12.05.2011

la vanga e il rastrello

storia malata di un inutile amore/odio tra la vanga e il rastrello.

C'era una volta una vanga, non una qualunque, era una vanga con un certo prestigio.
La Vanga veniva riposta ogni notte nel ricovero degli attrezzi 6x4 metri. Legno massiccio. La Vanga aveva un manico di faggio ed era di acciaio inossidabile. Forte e potente, in un secondo spezzava un ramo secco. La Vanga non temeva il caldo e il freddo e poi tanto usciva allo scoperto due tre volte l'anno, in primavera per un nuovo raccolto da crescere, a fine estate per far riposare la terra. La Vanga era nuova, scintillante, priva di nodi, bellissima.
Rastrello viveva desolato adagiato alla rete metallica ormai consunta, stropicciata dal tempo, così arrugginita che solo a vederla ti veniva il tetano. Lui stava lì, giorno, notte, pioggia e vento. Gli si era storto il manico l'inverno prima, e ora, dopo l'ultima ghiacciata, gli si era spezzato circa a metà. qualcuno gliel'aveva ricucito con chiodi arrugginiti e ora, storto com'era, poteva esser buono solo per raccogliere i fiori. Le sue dita, una volta blu, tendevano al marrone scuro. Era ferro ricoperto, ferro che fu, ora solo ruggine. Aveva anche perso qualche dita, qualche altra era spezzata. Ma lui stava lì. Ogni stagione era buona per lui: togliere un po' di neve d'inverno, raccogliere l'erba tagliata, l'erba che non serve più, le foglie cadute in guerra, le lacrime degli alberi deturpate, i cachi sciolti insieme ai fichi. Rastrello era sempre lì, a fare il suo lavoro, certo con dignità, ma con fatica, sempre più fatica.
La Vanga lo guardava quelle 2 volte l'anno che usciva, lo guardava e lo compativa, in realtà non lo capiva, ma in fondo, era un po' triste per quel suo collo sempre più rotto, per le sue dita sempre più mal ridotte. Un po' si dispiaceva che Rastrello non vivesse al caldo, un po', invece, ne era quasi contenta, forse le avrebbe fatto un po' schifo trovarselo in casa.
Rastrello la guardava, dondolandosi sulla rete, sperando di essere notato, si dondolava quasi sino a cadere. La guardava sfilare davanti ai suoi occhi. Non era amore il suo, era invidia, più che altro, non la capiva. Usciva due volte l'anno e non lo filava mai, non gli rivolgeva lo sguardo mai. Rastrello si sentiva solo lì fuori, avrebbe voluto sapere cosa succedeva a casa di La Vanga, avrebbe voluto un po' di caldo, un saluto, un aggiustatina decorosa.
I due si vedevano due volte l'anno, e per entrambe le volte essi facevano finta di non esistere per l'altro. Credevano che l'altro non li capisse.

Un giorno però accadde qualcosa di nuovo nella vita di entrambe. La Vanga uscì in pieno luglio: il sole era accecante e non capiva cosa stava per succederle. Rastrello la vide uscire, essere scossa vigorosamente, la vide mentre se ne andava, ma non capiva dove. Finalmente La Vanga comparse dalla porta, e gli si adagiò accanto. Rastrello era stupito, sconvolto, non capiva. La Vanga era terrorizzata, dimenava il suo busto di faggio, voleva scappare, ma non aveva scelta, doveva stare lì. Rastrello l'ammirava, era nuova, bellissima. Lei era schifata, e aveva paura, paura di diventare come Rastrello. Cosa che successe, di lì a pochi mesi, quando entrambi si trovarono, legnosi, a dondolarsi sulla rete alla vista di Trattore.

Sia che tu sia nato Rastrello, che nato Vanga, non ti preoccupare, arriverà sempre qualcuno a farti le scarpe.

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