il titolo dice tutto.
quando per la prima volta, da studentessa di sociologia, ho incontrato il
pensiero di Merton (in generale) l'ho trovato confuso. Non capivo cosa voleva
dirmi quell'autore. Poi ho scoperto questa parola, serendipity, e il suo
significato mertoniano.
E allora ho pensato che quest'uomo era uno affascinante. Si era lasciato
ingarbugliare in una cosa così complessa e le aveva dato un nome, bellissimo
tra l'altro, chi potrebbe mai dire il contrario?
Su Merton esistono antologie, sulla serendipity anche. Eppure questa parola
evocativa, con il suo significato chiaro, ma complesso, porta sempre con sè una
nota di ridicolo.
Quando ci accade facciamo finta di nulla, o sorridiamo e proseguiamo, o ci
imbarazziamo e procediamo, o semplicemente la ignoriamo e proseguiamo.
La serendipity ha spesso a che fare più con l'emozione che con il
raziocinio. Ed è questo che la rende così difficile e così ridicola al tempo
stesso.
Per me è un soggetto femminile. Intraducibile in Italiano come i nomi
Xavier o Gerome.
Al tempo, la prima volta che lessi di questo concetto, cambia radicalmente
idea sul mio oggetto di studio.
Un po' di biografia, in pillole. Ho iniziato a studiare sociologia credendo
di studiare qualcosa di rigoroso. Sociologia era statistica. Matematica, pura e
impeccabile. Erano dati, fonti inesauribili di motivazioni umane redatte in
questionari rigidissimi. I suoi risultati rigorosissimi. Avevo 19 anni. E l'età
non può di certo essere una giustificazione, ma l'ho creduta tale. Questo credo
abbia funzionato per 3 secondi virgola 8. Poi caddi nella confusione più
totale. Non c'era nessun numero a dirmi che quel che quell'autore o l'altro
sostenevano fosse "vero". Come avrei fatto? O buttare tutto all'aria,
andando a rintanarmi nel matematico mondo statistico, o abbandonare la certezza
e lasciarmi trasportare, in modo del tutto confusionario, da ciò che capitava.
Scelsi la seconda, se non altro per la sua rispondenza alla mia incapacità di
metodo nello studio, e proseguii.
Non v'erano più dati rigidi ora, ma rigidi pensieri, rigorosissimi. Ho
temuto più le parole di Parson che le penitenze del parroco dopo la
confessione.
Poi venne Merton. O meglio, mi capitò un evento di serendipity che me lo
fece conoscere. Se ti capita e non sa come chiamarla dirai "una coincidenza"
"che fortuna" o "che culo". Poi se per serendipity vieni a
conoscenza di questa parola smetti di dare importanza al fato e ti concentri
sul giusto significato.
Questa parola, minima, bellissima e apparentemente inutile nel dizionario
di ognuno, è invece la parola che più mi ha cambiato la vita e che continua a
cambiarmela. Di certo non è l'agente motore, è semplicemente un mezzo.
Se la riconosci quando avviene e non la ignori è già qualcosa. Sapere che
c'è ed è avvenuta è un avvicinarsi a qualcosa di diverso, nuovo e magari
importante che ti farà incontrare altre mille situazioni di serendipity.
Perché parlarne, fuori contesto, senza velleità di scrivere un articolo
serio? Perché va divulgata. A differenza di parole tediose e pesanti e maligne
e malsane, questa, serendipity, nel suo significato, di certo non vi renderà la
vita peggiore.
Imparare a riconoscerla e cogliere l'opportunità: questo non sarà una
parola di certo a renderlo possibile.
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