3.25.2013

ombrello, what else?


ci guardiam mentre piove e stiamo aggrappati all'ombrello spezzato, abbiamo un'aria abbattuta, tipo cani bastonati e randagi in cerca di cibo. siamo incazzati mi sembra. una volta avevamo delle pettinature, ora rimangono capelli attaccati alla fronte effetto ora di ginnastica delle medie.

non so quanti ombrelli abbiam cambiato, so che alcuni sono rimasti tra le pieghe degli interregionali, altri sono andati in omaggio ad autisti delle 22e30, altri ancora sono stati presi in prestito in aule universitare malconce o tra le file dal dottore o alle poste.

uno in particolare però rimarrà tra le pagine delle storie della mia vita ricca di dettagli inutili e raccapriccianti.

noi con la gente borghese cozziamo un po'. vuoi i vestiti non alla moda, vuoi i toni assolutamente scurrili che usiamo, vuoi il pensiero raffinato ma privo di senso logico, vuoi il malcostume a tavola, il non conoscere il galateo, il soffiarsi il naso sulle maniche, vuoi i nostri genitori con un lavoro non prestigioso, vuoi quell'aria da sfigati perenni, i brufoli a qualsiasi età, i difetti fisici mai mascherati, noi, poco da fare, proprio accanto ai borghesi sembriamo il giallo sul viola, che a noi piace molto.
abbiamo conosciuto persone di questo tipo in ogni ordine e grado di scuola, evitando come la peste gente con scarpe prada o col "vulric". sappiamo però che in alcuni momenti tal persone non le possiamo evitare e sappiamo anche che con questa gente tocca mischiarsi per il quieto vivere, per portare a casa la pelle.

una volta una persona di tal specie mi prestò un ombrello. sinceramente non ne ricordo assolutamente il motivo, sì, sicuramente certo pioveva, altrimenti sarebbe stato un prestito del tutto inutile e ridicolo, ma non ricordo perché un borghese con i controcazzi dovesse prestarmi un ombrello firmato, credo roccobarocco, in un piovoso settembre, che tanto poi il giorno dopo mi sarei comunque bagnata. forse non era un prestito, forse se lo dimenticò a casa mia. erano tempi in cui i borghesi ci frequentavano. anche adesso capita, ma è più raro e non manchiamo mai di far notare loro il nostro disagio e di far notare loro il nostro livello di schifo immenso.

insomma mi ritrovo con un ombrello di marca spaziale pagato ai tempi mezzo milione di lire o via di lì. e succede che devo restituirlo proprio quel giorno. e proprio quel giorno devo andare in un auto non mia da qualche parte. i non borghesi che di solito ci fan girare in auto con loro oggi hanno auto come panda, station wagon vecchie di 10 anni, punto a metano, utilitarie di seconda, terza, quarta mano. negli anni novanta avevano invece tutte quelle auto a tre porte.
allora io salgo, dietro perché sono  la giovane nonché quella bassa, con tanto di ombrello in mano da mezzo milione di lire. lo sventurato alla guida o la sventurata, non ricordo manco chi fosse, mi chiude velocemente il sedile macchiato sulle gambe e ahimè sull'ombrello spezzandone la punta.

allibita, terrorizzata, in lacrime, penso che sono fottuta a vita.

al borghese riconsegno l'ombrello la cui sorte fu quella di perire per mano maldestra di un non borghese. mi cruccio, mi dispero, scusami non volevo, è stato un errore farmi prestare l'ombrello, non so che fare. borghese dall'alto del suo piedistallo mi intima di smettere di preoccuparmi. chiedo candida "te lo ricompro?". dice di no. non serve. sorride con un mezzo sorriso di pietà e compassione, lurida stracciona, cosa vuoi che me ne faccia di un ombrello da proletario che manco la terza classe sui treni. stupida e sciocca che non sei altro.

prendo la mia coda e me la metto tra le gambe, poi prendo la mia lingua e la deglutisco con otto litri di saliva e la mia esasperazione. ricaccio le lacrime dentro gli occhi e con gli stessi ti fulmino augurandoti mentalmente una morte in solitudine piena di piaghe.

ci ripenso mentre ci guardiamo e ci stringiamo perché fa freddo, noi nel nostro ombrello rosso da 3 euro, che perde pezzi, sfatti come non mai, scarti della società, siano per sempre maledetti gli ombrelli di roccobarocco, amen.


3.08.2013

Ciao tesori.


Pink Floyd - Wish you were here

Ogni anno torna inesorabilmente la festa della donna con i suoi spogliarelli da mezzo euro, le mimose puzzolenti, la voglia di festeggiare, chi dice che non si festeggia un giorno all'anno ma tutti i giorni, chi non vede l'ora di uscire di casa per una volta all'anno e scordarsi di marito e prole...

Chi la ricorda come un giorno del ricordo, di donne eroine e martiri, impegnate in una lotta. Ed è così, che quest'anno, io la voglio ricordare.

La festa delle donne che lottano, non contro soprusi quotidiani dell'altra metà del cielo, ma contro la vita stessa.
Le eroine silenziose che si nascono tra di noi, che hanno il coraggio di lottare fino all'ultimo respiro, fino a quando la vita, nell'attimo peggiore, se le porta via lontano.

Strappate da questa terra a causa di mali impronunciabili, che loro stesse non volevano più dire, che loro stesse non sapevano più dire. Mali che hanno mille nomi, bestemmiati, urlati, mutati, ma che ti riportano sempre alla mente la fragilità umana.

Sono le donne che scompaiono con mali da donne, che si spengono lentamente, che sorridono disarmate di fronte a qualcosa più grande di loro stesse. Che lo sguardo sia duro, impaurito, sconfortato, sono pronte a reagire e a lasciarsi andare quando, ormai stremate, hanno percepito che il loro corpo non le lascerà più in pace, se non in quella eterna.

A tutte voi donne sfiorite troppo presto, per le quali non serve più chiedersi perché, e a tutte noi donne che rimaniamo a guardare senza poter nulla fare, se non stringere la mano, guardare insieme ancora un tramonto, fare una telefonata in piena notte, a noi che insieme facciamo il percorso più semplice.

A noi donne che ogni giorno combattiamo mali invisibili, ma non per questo irreali, che abbiamo paura che prima o poi capiti anche a noi, ma che non riusciamo mai a scavalcare il muro della vergogna e dirci pronte.

La lotta inizia da noi stesse.

Il ricordo va a tutte le sorelle, madri, nonne, amiche, zie... che hanno lottato fino alla fine.

Ciao tesori.

Foto: Vola ora, vola by E.Pamio © 2013


2.20.2013

e il 2013 come va?

un anno nuovo che inizia porta con sè, inevitabilmente, i buoni propositi. puoi anche non farli, puoi non scriverli, dirli ad alta voce, ma saresti un mentitore di professione a dire che non te li fai...un po' come dire che le donne non scoreggiano mica.
un anno nuovo che arriva inevitabilmente porta con sè novità. fosse anche solo che è un anno bisestile (no, non è il caso di quest'anno) o semplicemente una nuova tacca sul calendario a ricordarti l'avanzata impetuosa del tempo.
un anno nuovo è una magia. ci siamo abituati a credere che magicamente le cose cambino dal 31 dicembre al primo gennaio e ci mettiamo tutte le forze possibili per modificarle appena un po' a pochi giorni dalla fine dell'anno, rimanendo delusi quando, il due gennaio, abbiamo solo i postumi di una lenta sbornia.

anno del signore 2013. era volgare e lo è ancora.
scrivo come se fosse, in effetti il due gennaio, invece siamo già a febbraio, che è anche quasi terminato.
ce lo ricorderemo come l'anno delle nevicate.

il 2012 è stato l'anno di keep calm. dopo schettino che non voleva salire sulla nave è stato un trionfo di keep calm. se ne vedevano ovunque, di ogni colore, senza corona, con la corona.
è stato l'anno delle olimpiadi, l'anno in cui abbiamo salutato la huston e donna summer, in cui per giorni s'è parlato di rita levi montalcini che si è scoperta non essere immortale, l'anno in cui la terra ha tremato in pianura, l'anno delle lacrime false, dei falsi in bilancio, dei soldi spariti, del federalismo sempre più fake, del (di) nuovo obama, l'anno dell'ilva, dell'imu, dello spread.

il 2013 sembra l'anno intimista. anche sanremo quest'anno non ha avuto grandi sfarzi, nè ospitalate da capogiro. normalmente avrei parlato di sanremo, quest'anno no. quest'anno non c'è nessuna rita che ci lascerà, nè dalla, nè tabucchi. quest'anno passa tutto sottotono.
abbiamo le elezioni e dato che dovremo essere in parcondicio io, almeno io, non ne ho voglia di parlarne. non qui.

invece, ti volevo dire, che c'è altro a cui pensare.
ti volevo dire che ogni volta una persona dice ti volevo dire lentamente muore. muore la sua dignità.
c'è da pensare, ti volevo dire, ad essere un pelino meno stronzi. il che, lo so, è difficile, ma guarda a volte basta poco.
nel 2013 puoi, a titolo esemplificativo, evitare di dire che mi volevi dire, puoi dirmelo e basta
puoi, se vuoi, mettere quel sorrisino falso in tasca un minuto, scendere dal piedistallo, accucciarti e ascoltare
puoi, se ti capita, sederti per terra, senza tovaglioli sotto al culo, e puoi, per una volta, non lamentarti
puoi fare critiche costruttive, invece di insultare l'altro per quello che è
puoi alzare una volta il telefono, e non perché ti serve qualcosa, ma perchè serve a qualcun altro
puoi per un minuto smettere di pensare che il mondo ti giri in torno, puoi smettere per 20 secondi di lamentarti, e, soprattutto, puoi smettere di parlare?
puoi, invece, usare le parole per farti capire, puoi evitare battute sarcastiche, ironiche, e ciniche, quando davvero, davvero, non ne sentiamo alcun bisogno di ascoltarle
puoi, davvero puoi, contare fino a 3. uno, quello che sto dicendo ha senso? due, lo starò mica dicendo perché ho le mie cose/ho la luna storta/la menopausa/l'andropausa/un sasso dentro la scarpa/..., tre, adesso posso tacere.

nel 2013 io non so chi vincerà le elezioni, cosa succederà se andiamo i default, se la crisi ci fagociterà.
non so se lavorerò, se mi pagheranno, se riuscirò a pagare il gas e la corrente e il telefono.
non so neppur ese riuscirò a pagare il bollo auto.
nel 2013 so per certo che ingoierò rospi.
e ti chiedo di avere almeno la decenza di stare in silenzio, di non scassarmi i coglioni, di, per favore, evitare commenti sulla mia persona, quando me lo vedi fare.

11.19.2012

cosa ti aspetti da me

e allora quando preparo un caffè e lo metto sul tavolo e poi metto tazzine, zucchero, tovagliolini etcetc, allora quando succede io poi mi sento una merda

in genere in realtà non sono io fisicamente a fare il caffè, generalmente non riesco ad aprire quella maledetta caffettiera, non ci riesco proprio per mancanza di muscoli, mani troppo piccole e corrose.
ma faccio il resto, il fottutissimo resto.

poi mi sento una merda, perché l'ho fatto? perché metto tazzine e blablabla? come la più stupid adelle serve. io non sono una serva. fanculo.

ecco. io dopo mi sento così. vorrei avere un bel modo, voi vorreste che io lo abbia, e pensate che va tutto bene, avete avuto il vostro caffè.

io dico che avete avuto il vostro taffè in una cazzina.







11.15.2012

io e te e Obama, il vincente

Se solo ci fosse più nebbia, potrei quasi credere di essere a Novembre. Ma l'inverno sta tardando ad arrivare e anche quest'autunno non riesce a ingranare, l'estate sembra ancora dietro l'angolo con tutti i ricordi, il sale, il vento caldo.

Se solo ci fosse più nebbia, potrei anche immaginarmi più triste e desolata, potrei dare la colpa al tempo, potrei perfino lamentarmi che c'è nebbia e non si vee a dun palmo di naso, potrei avere scuse per non guidare di notte.

Se solo ci fosse più nebbia, mi sentirei a casa.

Se solo ci fosse nebbia, sarei heidi.

Io che salgo in auto e cerco disperatamente di farla partire senza togliere il freno a mano. Il cambio che non funziona poi benissimo. Le curve che in questa valle trovi solo alle rotonde. I giorni si accumulano sui calendari. Ma quanto tempo è passato? Ma come stai? è da tanto che non ci si vede? ci prendiamo un caffè? Non ho tempo, ho l'agenda piena, ho l'agenda, non te l'ho detto? ma ora lavori? lavori? ah i tempi dell'uni...ti ricordi i tempi dell'uni?

Salgo in auto e sul mio specchietto posteriore compare un vecchio senza cappello che si scaccola per bene.

Ma come funziona la vita? Prendiamo Obama.
Non so, uno a caso, ma una persona vincente. Obama è l'emblema dello sfigato che ce la fa.
Ce l'ha fatta, per due volte. Non è neppure bianco e in america chissà come se la vivono sopratutto in quei paesini conservatori a mille che si vedono in quei telefilm da mezzo euro. Tipo a Dallas chissà come se la vivono sta cosa.
Se non ho fatto male i miei conti Obama non era ricco, poi diciamolo che proprio non è sto gran figo. Ma le orecchie van di moda, will il principe di bel air ne sa qualcosa.
Will e il maggiordomo, ma poi il cugino mi stava sulle palle a mille, era inutile, viscido, improbabile. Sfigato vero. Senza orecchie a sventola. Che fine avrà fatto?
Will fa la leggenda, Obama won.

Come si fa a diventare Obama? No senza operazioni chirurgiche. Lo penso mentre guido e i posti vuoti in auto son ben 4 sicché a chi accidenti lo chiedo? Al semaforo vorrei scendere e andare dal vecchio a dirgli che uno, non ci si scaccola in auto che sa, la vedono tutti e due, cosa importante, come si fa a diventare Obama? magari il vecchio lo sa. I vecchi sanno tutto di tutti. Sono saggi e curiosi, fin troppo. Poi però non lo faccio, scatta il verde e il furgone davanti a me non ingrana la prima e parte in terza. Cioè facciamo finta che sia il furgone davanti, va.

Adesso, penso, ti chiamo e te lo chiedo. out of blue, come dicono gli Americani. Te lo chiedo così e spero che tu abbia una risposta. Mi aspetto che tu la abbia. Tu ce la devi avere. Ma dato che ho troppa paura che tu non ce l'abbia ricaccio il cellulare in borsa e guardo fuori.

Non c'è nebbia, cioè ce n'è un po'. Ah! Se ci fosse più nebbia, potrei non preccuparmi di Obama.

10.30.2012

a mò basta.

L'incompetenza è senza confini.

Quando la incontri faccia a faccia devi solo chiudere gli occhi, dire di sì, sederti, attendere, devi scrutare, sorridere, dare segni d'assenso, non lamentarti, solo capisco, capisco e ancora capisco.

L'incompetenza è spesso accompagnata dalla sua amica arroganza. Non ci sono scuse, non ci sono mi perdoni, non esiste non essere capaci, non sapere e ammetterlo, non possono dirlo, tu non devi ascoltare.

Tempo fa, ma non troppo purtroppo, lessi qualche parola idignata di chi dovrebbe dare pane ogni giorno. Tal persona inveiva contro i giovani, contro i suoi giovani, non dipendenti, ma stagisti infiniti, lamentadosi della loro saccenza, incapacità, arroganza. Ma voi vecchi invece?

Io che aspetto alle poste un'ora perché l'impiegata non sa come aprire e chiudere un programma.
Io che aspetto dal dottore perché la sua impiegata non sa cliccare su invia e continua afare ricerca impallandosi il cervello.
Io che aspetto e cerco di dissimulare l'imbarazzo di fronte a chi, con io che lo pago, dovrebbe aiutarmi in una procedura guidata.

L'incompetenza è nascondersi dietro i propri diritti. Il diritto di continuare a fare un lavoro che non vi piace. Il diritto a portare a casa lo stipendio per aver spostato una mensola da destra a sinistra, peraver deciso che la sedia rossa sta meglio della gialla.
L'incompetenza a voi  paga tutti i miei anni di studio e voi non paghi mi venite anche a dire che mi devo accontentare.

Quando oso mettere in luce quello chedavvero non va, gli sprechi di denaro, risorse, il fatto che può venirci il sangue amaro continuando così, una crisi isterica e un pianto di fronte ai vasetti dello yogurt, quando oso farvi notare che non solo siete un pelino incompetenti, ma siete anche degli arroganti figli di puttana, quando oso alzare lo sguardo, me lo fate ricacciare nelle tasche al suon di "questo è quello che abbiamo", "tu non puoi dire queste cose", "con quale diritto parli tu?".

Siamo giovani. Siamo ignoranti. Ed è vero. IN MOLTI, MOLTISSIMI, lo sono. Io anche lo sono. Ma caro il mio vecchio, o semplicemente caro il mio lavoratore a tempo indeterminato capitato per culo o per caso in quel lavoro che manco ti piace, LO SEI ANCHE TU.

Ma che ti venga un accidente se lo ammetti! Non sia mai.
Tu non sei privilegiato, è un tuo diritto
SIAMO NOI, poveri sfigati bamboccioni choosy, a dover lottare per i nostri diritti.

Caro il mio lavoratore, imprenditore, vecchio, sai che ti dico?
PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRl.

ed è già tanto se non ti rigo la macchina, STRONZO.

10.26.2012

e ora qualcosa di completamente diverso

è da un po' che vorrei scrivere, metter giù inchiostro su carta si diceva ai tempi della carta. (oggi invece dovrei dire che e' dà un pò....)

non fa parte dello "stile" di questo blog riportare fatti di cronaca e attualità commentandoli a lungo
ma oggi, e forse solo per oggi, farà eccezione questo post

perché? perché ho qualcosa da dire che va oltre agli inutili ritratti della gente che incontro, della monotonia del vivere, dei ricordi, di attimi passati in fretta, di suggestioni.

punto primo:
ho letto un articolo che ha fatto "discutere" un po' nei giorni scorsi. l'articolo è questo http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/24/femminicidio-ma-siamo-sicuri/390514/

no. non parlerò male del suo autore perché uomo, nè voglio difendere a spada tratta le donne. (chi mi conosce già sa che penso a tal proposito e non serve dilungarmi qui in spiegazioni)

voglio fare un semplice ragionamento invece. l'italiano è una lingua "prolissa". abbiamo parole per tutto, salvo le cose-mestieri-etc tecnologici per i quali ci fa cool usare nomi inglesi.
anche il latino era prolisso e il greco a sua volta ed è ancora chiara l'impronta di queste lingue nella nostra.
facciamo degli esempi a tema: omicidio è una parola composta da "omi" e "cidio" - cidio deriva dal lat. càedere "uccidere" e significa lett. uccisione di un uomo da parte di un uomo (uomo inteso come "umano").
uxoricidio è l'omicidio della propria moglie (per est. marito) da parte del coniuge
fratricidio è l'omicidio del proprio fratello (per est. sorella) da parte del fratello (sorella)
mi fermo con gli esempi

femminicidio no. non funziona così. è una parola semanticamente ricca di significati simbolici. e ve lo dico da profana, completa, non da improvvisata echiana.
femminicidio è una parola carica di suggestione. (traduzione di quella roba alla riga precedente).
non che gli esempi sopra citati non lo siano, ma in essi c'è qualcosa di molto categorico e definito (si è moglie/marito per contratto - fratello/sorella per sangue o legge). con femminicidio s'allarga e di molto la categoria che viene più sfumata. si tratta di uccisione di una donna in quanto donna (cioè con tutto ciò, tutti gli attributi, che questa si porta appresso)

torno all'articolo. l'autore parla di dati. ci dice che SOLO il 23,9% delle vittime di omicidio sono donne (in Italia) e che sarà mai? (non lo dice esplicitamente ma è chiaro che va a parare lì). non si può parlare di femminicidio se ci son così pochi casi! mediaticamente è scorretto! questi stereotipi mietono vittime!
cita quindi un esempio di stereotipo che ha fatto danni e con cui la lega è andata a nozze: straniero = delinquente
bisogna stare attenti. e molto. e attente, soprattutto.
non è che blaterando contro il femminicidio si stia facendo disinformazione. non si sta dicendo che "l'uomo è feroce, odia le donne, le schiavizza" etcetc. NO.
si sta dicendo altro, si sta dicendo che "attenzione ci sono casi di violenza che fin ieri erano sottaciuti e che oggi stanno emergendo e con quest'emersione si trasformano in atti più gravi". sono cose "sempre successe" ma di cui oggi si vuol parlare.
più che a far esempi con la storia dello straniero = delinquente farei un esempio positivo a riguardo.
noi al nord la mafia non sapevamo che fosse.
ve lo dico da studentessa mediocre, proveniente da una famiglia di abbastanza umili origini, culturalmente abbastanza ricca di spunti se non di informazioni.
la mafia era una cosa del sud. una cosa da film ESATTAMENTE come la yakuza nipponica.
dico ERA perché un bel giorno, quando ormai avevo passato i 18, si è iniziato a parlarne anche al nord, ad interessarsi al sistema mafioso. I giudici erano morti da anni, erano morti al sud per questioni del sud, a noi, nord, non ci toccava. non era nostro problema
poi venne saviano, roberto. e ci sputò in faccia in modo mediaticamente invasivo che la camorra funziona così e così e attenzione c'è anche al nord. oh accidenti, l'uomo del nord pensò, sarà una stronzata?
anno 2012: non è più solo un pensiero di un autore di successo del sud, non sono più parole da bar, le infiltrazioni mafiose nella politica (ma non solo, ovviamente) sono state smascherate.
ora, oggi, nessuno dotato di intelletto oserebbe dire che "la mafia non esiste, ma ammesso esista non c'è al nord". lo sa anche mia nonna che di anni ne ha più di 80 e scrive in un italiano imbarazzane. giusto per chiarire.

torniamo a femminicidio. è sempre successo. ti prendevano a botte (padre, fratelli e marito) e tu zitta. DOVEVI stare zitta. il delitto d'onore non è storia dell'uomo di neanderthal, è sparito dall'ordinamento giuridico nell'81. dovevi stare zitta e se non stavi zitta c'era solo un posto per te, la tomba, il silenziatore definitivo.
quando le donne hanno cominciato ad avere l'ardire di parlare, di ribellarsi, di dire no, ecco lì i guai si son moltiplicati. tu, portatrice insana di vagina, non dovevi osare parlare. non dovevi osare lasciare,andartene,partire,dire,fare,baciare,lettera e testamento. PUNTO.
non si sta dicendo "l'uomo è delinquente": sarebbe come quell'inutile brutt'esempio che è straniero=delinquente. si sta dicendo "fate anzione", ma non solo voi donne, anche voi uomini. "huston abbiamo un problema" e il problema è che il vaso di pandora sulla violenza di genere si sta aprendo, ma non solo, s'è lacerato ed ora tutto sta colando.

c'è del buono in tutto ciò. il buono è che non ci si può più nascondere. "c'è del marcio in danimarca" e anche in italia e nel resto del mondo. questo marcio si chiama violenza che diventa marcissima e piena di muffa quando si arriva all'omicidio.

siamo "vittime" in italia di una cultura dell'omertà sulle parole. ancora oggi ai bambini sento insegnare parole come "farfallina" "pisellino" "pupù" "sederino", altri termini sono ritenuti impropri, vagina, pene, feci e deretano suonano male si vede. siamo il paese del "si fa e non si dice", e finché ci andrà bene così, state pur tranquilli che ci sarà sempre qualcuno pronto con suo bel tappo a chiudere il vaso di pandora.

e ora qualcosa di completamente diverso.