3.30.2012

l'improbabile saga di un expat. episodio 1.

gli italiani gesticolano.
penso sia l'unica cosa che accomuna me, un qualsiasi anziano della valtellina e maria dalla puglia.
sul caffè ho già scritto.
sul cosa NON mi porterei MAI via dall'Italia meno.
diciamolo. il formaggio. tenetevelo, TUTTO.
chiusa parentesi sull'italiano.
gesticolo. se non so bene le parole.
se le so ma voglio far notare "il punto"
o se ti voglio comunicare altro.
questo mio gesticolar furioso mi porta a fare conoscenze sconcertanti.

prendi oggi.
un'italiano x che arriva in areoporto. non sa da che parte girarsi.
in italia non ci sono indicazioni.
qua anche troppo complete.
allora gesticolo per cercare cose nella borsa o che ne so.
ho bisogno di sapere se questo bus va dove voglio io o no perché l'insegna dice una cosa e la fermata un'altra allora non so bene che fare.
se parlo inglese qui mi ridono dietro.
non ho voglia di farmi figure alla fermata del bus.
no.
poi quello di fianco a me risponde al telefono.
è notevolmente del bangladesh.
non che io sia razzista o robe del genere. ma anche lui gesticola ben bene in una lingua a me sconosciuta ma conosciuta.
il cingalese o singalese. lo riconosci se sai come fare.
sento che non può aiutarmi.
sono sconsolata nel ravanarmi nella borsa.
quando riagghianciando afferma un bel ciao.
e penso. ciao, ci siamo.
poi penso, ciao lo dicono tutti non fa testo.
ritorno a ravanare quando lo sento affermare con convinzione
madonna.

MADONNA.
deve saper l'italiano.

l'italiano impreca.
credente o no impreca.
sempre
e
comunque.

oh un bangla italianizzato qui.
fantastico.
tempo 10 minuti e so tutto
dove vive
con chi
da quanto
quanto costa la sua casa
dove trovo cibo a basso costo
dove non devo andare da sola di notte
il prezzo della benzina oggi in italia
come funziona il sistema scolastico inglese
la faccia di suo figlio
quanto paga d'affitto
il calabrese che gli ha fatto la cresta sul trasloco
i milanesi che non picchiano i bambini
che squadra tifano i miei vicini di posto
dove siamo ora

alla fine ne esco con 3 indirizzi.
2 numeri di telefono.
e ho l'impressione che nel mezzo abbia tentato di vendermi l'auto
una focus del 2001 con 83000 kilometri usata poco in città.
500 euro.
un affare, se volete.


3.26.2012

nemesi, o l'antimimesi, o hippopolla

quando in una casa quadrata trovi una finestra tonda può significare solo una cosa: qualcosa sta cambiando.
una volta sognavo case rotonde. a sfera non proprio, bastava cilindriche.
ogni volta che passo davanti ad un silos di pietra abbadonato penso che sarebbe bello viverci, come nei fari, e mettere i mobili al centro e correrci intorno.
per ora mi accontento della meno spregiudicata finestra.
7 pioppi, uno più basso degli altri, spuntano dai tetti. sono la greghetta delle stagioni della finestra.
suono e rumore. grigio e rigore.

ho collezionato pensieri tristi nelle scatole come si fa con le cianfrusaglie che non puoi buttare, i calzini spaiati dal '26, i pennarelli della giotto secchi del '95, i libri di scuola a 10 anni dalla fine dell'ultimo anno.
in ordine sparso, confusi, senza poterli ripescare se non ancorandomi a ricordi che dovrei ricostruire.
ho ritrovato un libro indimenticato che s'è dissolto nei giorni estivi.
devo averne persa qualche pagina in francia. lasciata lì a marcire sul bordo del fiume o mangiata dal pescigatto di turno.

mi piace pensare che qualcuno sedendosi su quella riva non pianga, ma trovi una pagina scritta a carattere 9, sbiadita e incartocciata dal tempo e si chieda da dove venga, dove vada, di che libro si tratti, sarà una storia triste o divertente, d'amore magari o un giallo.
mi piace pensare che quello che la trova conosca il libro. mi piace pensare che questo che conosce il libro pensi a uno che ha letto lo stesso libro come a un amico di libro. un amico lontano, sconosciuto, con cui condividere qualcosa. mi piace pensare che questo che la raccoglie se la porti a casa in ricordo di un'amicizia di una pagina. che la custodisca gelosamente dentro una di quelle scatole di cianfrusaglie e magari si metta a scrivere un post o quello che vuole un giorno su quella pagina di libro trovata in francia sul bordo del fiume.

io intanto son senza pagine di libro. e quel che rimane è un accartocciamento stratificato di unilità letteraria.
ho letto un  libro in lingua straniera, in 10 giorni. è tutto quel che rimane di quel libro.

non la storia del suo protagonista.
non la capacità del suo scrittore.

potrei dire lo stesso di hippopolla, o dell'ippaffa.
invece farò altro. magari un amico di ippaffa si farà vivo e mi sentirò meno sola.

o forse no.


3.23.2012

alla fiera dell'Est ho visto cose

ho imparato che se non sei cinico sei fottuto.
sarcastico.
irriverente.
simpatico, se e solo se serve.
duro.
incazzato.
ho imparato che nessuno ha fiducia in nessuno.
perché sei solo.
perché non la meriti.
perché sei fottuto, altrimenti.
ho imparato che se non sei competitivo sei fuori dai giochi.
spietato.
senza scrupoli.
fingere il sorriso.
ipocrisia o sei fottuto.
ho imparato che mentire è l'unica via possibile.
ingannare.
via l'ingenuità.
combattere.

se vuoi sopravvivere a scuola, tutto ciò è l'unica via.
nel lavoro, idem come sopra.
nella vita con gli "amici", idem con patate.

ho imparato, perché me l'hanno insegnato, a essere una persona di merda.

un giorno ho deciso di dare fiducia a chi meno se la sarebbe meritata, secondo i legittimi insegnanti della disciplina del punisci e controlla.
ho deciso di non fare tesoro di questi insegnamento e provarci.
temevo di sbagliare, temevo di dover tornare a dare ragione ai temibili maestri.
ma non è accaduto.

dai e ti sarà dato. che sia fiducia o un sacco di patate, legittimi maestri per quel che mi riguarda continuate pure a dirmi cosa devo fare per non essere fottuto, ma dato che potrebbe piacermi, non vi preoccupate se non vi ascolterò.

3.20.2012

moltiplicazioni e replicanti

oddio.

no aspetta.

CAZZO.

sapevatelo che ci sono ogni anno sempre più laureati in psicologia in Italia. (statistiche alla mano. cercatevele, pigri.)
sapevatelo che ognuno vuol """"""""""""""""""""curarsi"""""""""""""""""" da sè. la matematica a sta gente fa un baffo. voglio dire. 3 anni di triennale che se ti va di culo la paghi diciamo 700 euro l'anno x 3 = 2100 più tasse laurea fai 2300. se ti va di sfiga sono ALMENO 1500 euro all'anno. alle private non lo so. non mi interessano.
2300 MINIMO. ora quante sedute ci paghi? facciamo una media di 100 euro a seduta (sono buona). 2300/100 fa? 23. mezzo anno di sedute.
consideriamo ora i """""""""""""""""problemi""""""""""""""""" dello studente medio di psicologia: "credo di essere empatico". cocco, hai sbagliato. sei solo "un amico" qualunque in un momento qualunque. "gli altri non mi capiscono". certo hai 19 anni, cosa cazzo ti credi di essere uscito dal periodo "blu" della tua vita? "posso capire gli altri". beh potresti sempre fare un corso avanzato di tarocchi, o di lettura dei fondi del caffè professionale. credimi massimo risultato col minimo sforzo. se hai un """""""""""""""""""""""""""problema serio""""""""""""""""""""""" non ti iscrivi a psicologia. no. ti fai di cose pesanti. LO SO io. LO SAI TU.
abbiamo troppi psicologi che si auto curano un male che non esiste. indi.
abbiamo sempre più mali inventati da curare.

sapevatelo.

e poi. ci son sempre più scrittori.
il parogone mi sta distruggendo. ti scrivi addosso, di te stesso, un po' come lo psicologo che si auto cura. credi che se te lo scrivi da solo quello che vuoi leggere poi quando lo leggi starai meglio e penserai che "finalmente qualcuno che scrive come vorrei". NO. invece.
si chiama logorrea.

questa parola, logorrea, l'ho imparata consultando il dizionario treccani un pomeriggio uggioso. apri a caso e "logorrea" mi dice mia mamma, "cosa vuol dire?". diarrea del logo.

diarrea del logo.

sapevatelo.

3.19.2012

il caffè o storia del non avere gli occhi per piangere

la gente seria, mi dice, è quella che beve il caffè amaro, ristretto, tutto d'un fiato. te, mi dice, non sei seria.
cos'è quella roba annacquata? non vorrai chiamarla caffè, mi dice, perché non è degna di quel nome.
prendo sul personale questa cosa, molto.
te pensi che quello sia l'unico modo giusto di bere caffè? gli dico un po' suffando. quello è un modo, sottolineo un, di bere il caffè. o pensavi fosse l'unico?
inizio il mio monologo. a sentire la gente che mi sfotte mi vien l'orticaria, per una cosa così stupida poi, che ti basta aver letto mezza pagina del libro di antropologia culturale generale, mica cazzi e mazzi.
poi ripenso all'albania, son già passati 4 anni e ti pare ieri, a me pare ieri.
metto insieme i ricordi a fatica.
e mi torna subito il caffè. gli dico, tu non sai come lo bevono in albania vero?
allora mi viene in mente quello scrittore, che poi è un sociologo, Rando Devole, che vive a Roma, e ha scritto un libro velocissimo da leggere pieno di aneddoti sugli albanesi in Italia e sullo sguardo albanese sull'Italia, e nel libro racconta anche del caffè.
ci ho fatto una tesina, commentando quel passaggio, perché attorno al caffè gira un intero mondo, la terra.
allora gli dico, non lo sai vero? no perché l'unico modo di bere il caffè è questo: caffè, grazie, gluglu, grazie e ciao. 1 minuto o forse meno ed è fatta.
in albania no, ci si mette ore a bere un caffè, che sia espresso o alla turca non conta, sempre ore passano.
cioè a berlo ci si mette uno o due minuti, ma è la chiacchera (con sigaretta) attorno al caffè quella che conta.
poi ilcaffè alla turca è già una sbobba di suo, insomma non è una cosa che tu chiameresti caffè, gli dico.
ma se il tuo è il modo giusto, pensi che gli altri continuino a berlo nel modo sbagliato perché sono scemi o cos'altro? gli dico. rimane un po' zitto, un po' sulle sue, sulla difensiva, cosa me ne frega, dice.
niente, dico, solo rompere le palle a quanto vedo. disinformato come sei, cosa vuoi che te ne freghi.
io invece il caffè lo bevo in modo sbagliato. lo riscaldo dalla moka dopo che l'ho lasciato a marcire nella moka anche un giorno intero. ci aggiungo acqua, un cucchiaino di zucchero e anche del latte e via. preferibilmente nel bicchiere di vetro come faceva mia nonna. se poi non è caffè ma è misto caffè e miscela leone tanto meglio. una sbobba sopraffina. si sente minacciato e infastidito, lo vedo, e dice cosa ne vuoi sapere te che bevi quella roba lì schifosa di cosa sia un caffè vero.
io non sono seria, gli dico, dovrei? cos'è che non ti va bene? gli dico, e capisco che il punto non è affatto il caffè. sto attentando alla sua dignità di italiano doc, mi sa, alla sua consapevolezza, alle regole, a tutto. e accidenti alla mia faccia tosta, non mi tiro indietro. dovrei? e mi dice che non è che non va bene, che tanto che gliene frega, sto facendo una tragedia per una cazzata, faccio la scenata napoletana, mi dice, o alla goldoni, insomma che palle smettila. però bere il caffè così non è da persone serie.
allora mi viene in mente una cosa, non so se dirgliela, che tanto è finita in tragedia, ma ci provo. e gli dico, lo sai come lo bevevano una volta il caffè? mi guarda. ormai l'interesse è sotto le suole. gli dico tipo al tempo di guerra...lo sai? no, dice, embè che mi frega. no niente dico è solo per dirti come lo bevevano le persone serie di oggi, che poi sono generalmente i figli di quella gente seria lì, o i nipoti se son capitati male. c'era la moka, certo, ma non c'era il caffè. o c'era ma costava. allora mica tutti potevano comprarlo il caffè, magarii tuoi nonni sì, i miei no di certo. come mi dicono, non c'erano manco gli occhi per piangere, figurarsi qualche lire per il caffè. si faceva con la cicoria, quella roba amara che mangi, forse te no, ma con quella si faceva il caffè, che a pensarci deve essere stato amaro di brutto. e allora? mi dice. lo guardo. quella è gente seria, è la stessa che oggi lo beve come te e dice che è gente seria. secondo te era meno seria quando beveva il latte di cicoria? dico. ma che ti frega mi dice, l'ho detto per dire, che non sei seria a chiamare caffè quella roba lì. basta dai. è tardi e qua stiamo facendo come gli albanesi.
gli ignoranti ostinati non li ho mai tollerati.

3.14.2012

un giorno in più che se ne va lalalallalallalallala

io che mi siedo su una sedia che pare quella dell'asilo tant'è scomoda e non so dove mettere le mani.

3.09.2012

Il pastore di idioti

Quando parla lui tu devi tacere. Rispettare il tuo silenzio.

Quando parla lui tu devi annuire. Accettare la sua grandezza.

Quando parla lui tu devi guardare. Ignorare ciò che vedi.

Quando parla lui tu devi anniettarti. Dimostrare la sua importanza.

Quando parla lui tu devi sederti. Ascoltare umilmente.

Quando parla lui. Tu non sei nessuno.


3.05.2012

Leaving Melvin

Pensavo che aprire la porta a chi suona fosse un bel gesto.
L'ho pensato fino a 10 minuti fa.

Concordo con Isa che è tempo di trovarci. Prendo l'auto, guido per ore, o tali sembrano e arrivo.
Arrivo e non c'è nessun campanello da suonare.
Nessuna porta a cui bussare.
Isa mi hai preso in giro? Penso. Penso che se avessimo concordato il contrario, a casa mia, ci sarebbe stato un campanello, Isa avrebbe suonato io avrei aperto.
Invece no. Ora mi trovo in seria difficoltà.

Che manchi il campanello, a questo punto, mi pare il minimo. Manca anche la porta a ben vedere e non c'è manco un'indicazione che quello sia un posto dove trovarsi.

Pensavo che quando si viene invitati si finisca per trovarsi a casa di una persona.
L'ho pensato fino a 10 minuti fa.

All'inizio non vedo Isa, dove si sarà cacciata? Ma non c'è campanello o porta. A questo punto penso sia possibile quasi tutto. Mi pare sempre più probabile, però, che Isa mi abbia preso in giro. Scherzo? Trappola? Non lo so. Senza campanello, a essere sinceri, non so come comportarmi.

A ben venere non c'è una casa. C'è un campo di fiori morenti. I fiori morenti.
Finalmente arriva Isa. M'è sembrato un secolo e mezzo.
Prima le ore di auto e adesso l'attesa senza porte case e campanelli.
Arriva Isa e vuole un tè.

Un tè. Siamo senza casa, ci son solo fiori morenti. Isa, smettila di prendermi in giro.
A questo punto, dove tutto è possibile, perché se non c'è campanello porta e casa e ci sono fiori morenti sarà possibile anche un tè, dopotutto...a questo punto mi aspetto che con uno schiocco delle dita Isa imbandisca una tavola a quadretti su un tavolo bianco e che mi serva dei pasticcini alla crema e che all'improvviso siano le 5 e che si inizi a conversare in inglese. O aspetto di svegliarmi.

Pensavo che bere un tè fosse un'azione banale.
L'ho pensato fino a 10 minuti fa.

Non so se ridere, piangere, darmi un pizzicotto, mi sembra tutto surreale, prima l'invito, poi non c'è un campanello, manco la casa, i fiori morenti e ora un tè. Isa smettila.
Mi sento sull'orlo di un burrone. Isa impassibile mi dice che il tè è lì, datti una mossa prendi il tè che poi andiamo.
Lì dove Isa? DOVE? Basta prenderci in giro. Non doveva andare così: dovevo venire a casa tua, suonare il campanello, tu avresti detto ciao, io avrei detto, ciao, e tu accomodati, poi avremmo preso un tè e poi ciao e ancora ciao e grazie e avrei guidato di nuovo. Isa così va la vita, smettila.

Pensavo.
Fino a 10 minuti fa.

Isa s'infastidisce, fa il broncio, una linguaccia, prende una foglia un po' secca, è tutto morente, la foglia non sta di certo meglio, la guarda, me la dà e dice il tuo tè. Pronto ci sei? Cosa dovrei fare, Isa, con questo? COSA? Dice, prendi il tè. Io dico non è questo prendere il tè, non significa questo, devi essere chiaro quando vuoi una cosa. C-H-I-A-R-O. Lo dico senza soffermarmi sull'h. Isa. CHIARO. Isa muta. Pronto? Melvin stai male. Chi? Tu. Io? Melvin smettila di prendermi in giro, dice.

Prende il suo tè. Mi lascia lì con il mio.
Dice ciao. Sei stupido Melvin.


3.02.2012

Franca Rame vs gli outfit

Mi son rotta i coglioni.
Me lo dico spesso, ma poi il caso ha voluto che io ci nascessi senza. E così rimane una frase metaforica.
Sei una rompiballe. Che a dirlo a un uomo non fa lo stesso effetto. Ma ad una donna effetto glielo fa, eccome.
O almeno dovrebbe.
E allo stesso modo per una donna dire mi sono rotta i coglioni dovrebbe fare effetto. Effetto maschilismo imperante? No, non solo.

Non la farò lunga. Non ne ho alcuna voglia e penso invece che ognuno dovrebbe farsi un po' le opinioni e le idee che vuole. Sempre che abbia voglia di farsele.

Comunque. Ho visto questo questo 1 e oggi questo 2. E allora pensando all'1 e vedendo il 2 mi veniva da piangere.

E di più mi veniva rabbia.

Sono una rompiballe. E niente. Mi veniva da piangere e da buttare giù qualche porta e da prendere a schiaffi il mondo degli outfit in toto. E no, lo so, per invidia uno può pensare. Invece no, è puro schifo.