6.13.2008

Kohman - Nord Albania

Scrivere di Kohman non è facile.

Scrivere di Kohman dopo essere vissuta per 3 mesi e mezzo a Tirana è difficile, scrivere dopo aver vissuto la mia vita da Italiana vissuta nel Polesine è difficilissimo.

Ci ho messo 4 giorni a decidermi di mettere giù tre righe di fila su Kohman. Questo è il risultato.

Dopo quasi 4 mesi a Tirana e dintorni non mi sembrava vero mi venisse offerta la possibilità di andare in uno dei cuori dell’Albania, le montagne a nord – nordest. Invitata da un’amica per un escursione a Kohman decido di non farmi sfuggire l’occasione e preparata di corsa la borsa salgo sul furgon (mezzo di trasporto locale…) alla volta di Scutari.

Il giorno dopo la sveglia è alle 6, alle 6e30 ci aspetta il bus per Kohman, ci vorranno due ore ad arrivare. Accompagnate da 3 volontarie del Centro Donne di Scutari arrviamo a Kohman. O meglio dopo 2 ore di su e giù per i monti mentre dormivo… arriviamo nelle vicinanze di un lungo ponte di cemento armato… ai lati del ponte 2, 3 edifici bassi (bar e piccoli market) intravedo due tre case sui monti. Siamo a Kohman.

Ci aspettano il prete della zona, Don Antonio e tre suorine combattive, una davvero giovanissima!

Nella piccola missione, se così si può chiamare, dove vivono le suore si tengono dei corsi per la gente di Kohman, corso di italiano e di taglio e cucito per le donne, c’è un “asilo” per bambini, del verde (ma quello è ovunque) un piccolo orto gestito dalle suore… e un gran cancello. La proprietà è recintata a dovere… (cosa che mi mette in imbarazzo e soggezione…ma tralasciamo)

Ho il piacere di assistere ai corsi che si tengono nella mattinata e tra le risate e le chiacchere arriva presto pranzo.

Dopo aver assistito ad una riunione che coinvolgeva le donne di Kohman, il prete e i benefattori italici (personaggi alla ricerca del “progetto perduto” – donne e imprenditoria, donne e microcredito…) ci avviamo, sempre con il furgon, a casa di una delle donne per vedere il suo lavoro al telaio. La casa, piccola e spoglia, in mezzo al verde, circondata dai monti e dalle acque della Drina, attorniata da mucche vitelli maiali e le immancabili pecore balcaniche, sembra un luogo sacro tanto è obsoleta. Il telaio, più vecchio della casa, aspetta che si compia un tappeto, mentre tutti ci guardiamo intorno, sentendoci vagamente fuori luogo e troppo privilegiati.

Dopo la visita alla casa, con tanto di “impantanamento” del furgon causa sassi enormi sulla stradina, si va a pranzo in un ristorante. Siamo a meno di due metri dalla Drina, il vento fresco, l’uva che sta maturando, le tavole di legno rovinate dalla pioggia, fanno respirare sapori antichi, sconosciuti ai più giovani, ma presenti nella memoria collettiva riunita a quel tavolo.

Accanto a me una giovane di 24 anni, non ha studiato perché a Kohman il massimo grado è l’ottava classe – (equivalente della terza media circa..) – e dato che è donna i genitori non l’hanno mandata fuori paese a studiare. Viola, è il suo nome tradotto per noi non albanesi, è una ragazza minuta e sorridente, timida e introversa. Come dice il Don, forse non è la più brillante del paese, ma ha una dote straordinaria: l’arte diplomatica. Viola è solo una delle tante giovani del posto e non è tra le più sfortunate. La sua casa è a due minuti di cammino dalla strada centrale, quindi in posizione privilegiata in confronto a chi invece per arrivare alla strada principale (o meglio per arrivare ad una strada dove possono passare le auto) ci mette 1 h 30’ di cammino in mezzo ai monti.

Il posto però è incantevole, le case mimetizzate nella montagna, sembra disabitato e in fondo lo è: gli uomini sono emigrati quasi tutti e sono emigrate molte famiglie; ormai ci sono solo “donne bambini e vecchi”.

Dopo pranzo ci si avvia a visitare il tunnel che attraversando la montagna, porta alla diga (e al suo lago) posto in cui tutti i giorni arrivano traghetti con merci e passeggeri… 1 volta al giorno.

Sul versante del monte han pensato bene di posizionare una madonna di marmo bianco pesante 15 tonnellate.

Di ritorno dalla diga andiamo a visitare la cava di marmo e i due cavatori. Ragazzi giovanissimi (non più di 22 anni) che cavano il marmo a mano lo tagliano e lo vendono. Pietre grezze di valore scarso ma di una bellezza unica. Mentre stiamo parlando con queste giovani braccia, delle pecore si avvicinano a noi… una in particolare si ferma ad osservare il gruppo e comincia a belare senza sosta. Mi guardo intorno, siamo nel mezzo del nulla insieme a pecore, mucche ed asini.

È ora di tornare a Scutari, riprendiamo il furgon e altre due ore in mezzo a viottoli montuosi. Al ritorno non dormo, mi godo il paesaggio, la quiete e la nostalgia.

Dopo 3 mesi ho visto l’altra faccia dell’Albania.

Dopo 3 mesi ho capito che le facciate colorate delle case di Tirana sono solo un fenomeno di facciata appunto.

Dopo 3 mesi ho capito che tutto quello che si fa nel mio campo non è nulla. Non serve a nulla.

L’altra faccia dell’Europa è qui e nessuno ha coraggio di guardarla in faccia.